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Laredazione

Cade la maschera del rigore

Sep 27th, 2023
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  1. Cade la maschera del rigore
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  5. di Andrea Bonanni
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  8. Governare in deficit, cioè prendendo a prestito soldi che non si hanno ma che i contribuenti dovranno comunque rimborsare con gli interessi. Se il Consiglio dei ministri oggi confermerà questa linea, sfondando le previsioni del fabbisogno non solo per il 2023 ma anche per il 2024, cadrà anche l’ultima maschera con cui Giorgia Meloni si era presentata in Europa cercando di dissimulare la natura populista del suo governo. Era una maschera sobria e dialogante: cooperazione sui migranti, rigore dei conti, condivisione delle grandi linee strategiche della Ue, rispetto degli impegni presi. Sorrisi e rassicurazioni.
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  10. Serietà e responsabilità. L’estrema destra al potere non avrebbe seguito l’esempio di Berlusconi e neppure quello del Conte 1 a trazione leghista. Non avrebbe usato l’Europa come capro espiatorio, né avrebbe scaricato sui vicini il peso dei propri fallimenti. A Bruxelles, bisogna dire, le avevano creduto. E invece. Ad uno ad uno, tutti i paletti che sorreggevano quell’immagine di cartapesta sono caduti. Sui migranti, l’Italia è diventata un prolungamento della Tunisia o della Libia, da cui si passa più o meno indisturbati per entrare in Europa, quella vera. Sulle strategie economiche e ambientali del Green deal abbiamo cominciato a remare sistematicamente contro.
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  12. No alle auto elettriche, no alle bonifiche ambientali, no a qualsiasi sacrificio che puzzi anche lontanamente di ecologia. Continuiamo a non ratificare il Meccanismo europeo di stabilità, che offre una rete di sicurezza per le banche, e siamo ormai gli ultimi da molti mesi. I finanziamenti europei del Pnrr non riusciamo né a spenderli né a incassarli tutti. E poi c’è la discussione surreale sulla riforma del Patto di stabilità, in cui ci ostiniamo a chiedere inutili rinvii o lo scorporo di questa o quella voce di spesa dal calcolo del deficit, come se l’aritmetica fosse un’opinione e il principio di realtà un’opzione ideologica.
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  14. Adesso arriva anche l’ultimo colpo. Le cifre dei conti pubblici che avevamo presentato prima dell’estate, e che già avevano suscitato qualche perplessità, non sono più quelle giuste. Sorpresa. La crescita diminuisce, il deficit aumenta. Praticamente l’unica riforma che l’Europa ci chiede e che noi avevamo accettato di fare, il taglio del cuneo fiscale, lo realizziamo chiedendo soldi a prestito. Perché? Restiamo in attesa di sapere a quale complotto o a quale dei predecessori il governo attribuirà la colpa di questo ennesimo fallimento. Una ragionevole spiegazione è che a Palazzo Chigi non siano capaci di tagliare le spese che rimpinguano le molte corporazioni su cui si regge il consenso dell’estrema destra, prima fra tutte gli evasori fiscali.
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  16. Ci consola però sapere che Salvini assicura la presenza di cospicui finanziamenti per il ponte sullo Stretto. Ma il problema dello sforamento dei conti pubblici non è solo puramente economico. Non è solo che quei soldi li dovremo rimborsare e che, prima, i mercati ci li dovranno prestare esigendo in cambio interessi sempre più alti. Il problema è soprattutto politico. Meloni si era presentata in Europa come l’erede di Draghi, almeno sul punto della serietà della gestione finanziaria. Ora che la maschera è caduta, appare più difficile che gli altri governi accettino di rivedere le regole del Patto di stabilità concedendo maggiore elasticità.
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  18. La stessa proposta di riforma presentata dalla Commissione europea, che prevedeva accordi su misura tra Bruxelles e ogni Paese per il rientro del debito, subisce un duro colpo. Se l’Italia non riesce a mantenere gli impegni finanziari che ha presentato solo pochi mesi fa, che credibilità potrà avere quando dovrà negoziare un percorso pluriennale di riduzione dell’indebitamento? L’inettitudine di questo governo sta offrendo ai falchi del rigore, Germania in testa, il pretesto per mantenere norme più rigide che nei prossimi anni potrebbero davvero soffocare la nostra economia.
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  20. Del resto il fatto che non riusciamo a presentare programmi credibili per incassare i miliardi stanziati a nostro favore dalla Ue, o i ritardi nella ratifica del Mes che il Parlamento italiano aveva già approvato, sono altre conferme dei luoghi comuni sulla scarsa affidabilità del Paese. Mario Draghi, con la forza della sua personalità e la concretezza delle sue azioni, era riuscito a sfatare quel pregiudizio ottenendo i finanziamenti europei. Giorgia Meloni, che di Draghi ha cercato di indossare la maschera senza riuscirci, non fa che rafforzarlo. Ne pagheremo il prezzo.
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