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Laredazione

Si fa presto a dire finita l’austerity

Jun 30th, 2023
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  1. Si fa presto a dire finita l’austerity
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  4. di ELSA FORNERO
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  7. Chissà quanti italiani avranno gioito all’annuncio della premier, un paio di giorni fa, nell’aula del Senato, con un tono gonfio di retorica che “il tempo dell’austerità è finito”. Evviva! Tutti pronti per le vacanze, niente più sacrifici, niente più “imposizioni” dall’Europa (così viene un po’ sprezzantemente definito il rispetto di regole faticosamente definite tra 27 Paesi, alcuni dei quali retti da governi sovranisti e nazionalisti).
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  9. Un grande sospiro di sollievo a scorno dei “falchi del Nord” che invece, evidentemente per ragioni storiche - e magari di credo religioso - credono ancora a un pizzico di austerità come regola di comportamento, soprattutto in ambito pubblico. Secondo i nostri governanti, la strada del futuro è liscia e piana e le curve e salite, che moltissimi italiani sperimentano quotidianamente sulla loro pelle, sono sempre colpa di qualcun altro, che si disinteressa del “benessere” dei cittadini.
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  11. E così, tanto per fare un esempio, molti sono diventati, dalla sera alla mattina, esperti di politica monetaria, pronti ad accusare la governatrice della Banca Centrale Europea, Christine Lagarde (“non ha un mutuo da pagare”, ha elegantemente commentato il capo della Lega), per la nuova stretta sui tassi di interesse e per quella, già annunciata, di luglio.
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  13. Queste misure monetarie avranno certamente un costo economico-sociale in termini di minore domanda, soprattutto di investimenti (se i tassi di interesse salgono, gli imprenditori tenderanno a posticipare oppure a rinunciare del tutto a progetti di ampliamento e miglioramento degli impianti), e di spinta recessiva ma rappresentano forse l’unica vera medicina - certo amara, certo non sicura al cento per cento, come tutte le medicine – per contrastare un’inflazione che, nel nostro più che in molti altri paesi, continua a erodere il potere d’acquisto di salari e pensioni.
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  15. È certo ragionevole che nessuno, se non pochi eccentrici, ami l’austerità, così com’è ragionevole pensare che pochissimi amino il rischio in quanto tale (pur se non manca chi è disposto a pagare somme enormi per provare l’ebbrezza di situazioni temerarie, come inabissarsi nelle profondità oceaniche per contemplare il relitto del Titanic o anche, più semplicemente, lanciarsi nel vuoto con il parapendio). Eppure, un certo grado di austerità – intesa, come disciplina delle finanze pubbliche, nel senso di compatibilità e sostenibilità nel tempo tra spesa pubblica, tassazione e debito - non può che essere apprezzato da tutte le persone ragionevoli, interessate non soltanto al presente ma anche al futuro, non solo proprio ma anche di figli e nipoti.
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  17. Le compatibilità economiche non si possono tranquillamente trascurare senza che, prima o poi, qualcuno (qualche creditore o l’intero mercato finanziario) presenti il conto. La “fine dell’austerità”, come ci è stata annunciata dalla Presidente del Consiglio, non può che voler dire libertà di spendere (magari per anticipare l’età di pensionamento, in maniera generalizzata e non per specifiche e giustificate situazioni economiche e sociali) senza curarsi di far quadrare i conti tagliando altre voci di spesa o aumentando le entrate fiscali. Anzi, si pensa di ridurre anche il carico tributario e i contributi sociali (parzialmente “fiscalizzati” il che, con le politiche di oggi, significa attribuirne una parte del peso al debito di domani).
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  19. Nonostante i buoni risultati dell’economia italiana negli ultimi mesi (migliori quelli degli altri grandi Paesi europei), l’Italia resta un Paese strutturalmente debole e finanziariamente fragile, con un debito pubblico non lontano dai tremila miliardi, pari al 144 per cento del nostro PIL. In questa situazione, giocare con le parole, con il tempo (il temporeggiamento sul Mes), con i numeri (come avviene per i progetti del PNRR ai quali si vorrà/dovrà rinunciare), con il problema dell’evasione fiscale (facendo balenare l’idea che le imposte siano “pizzo di stato”), con i migranti (per ottenere qualche concessione economica) è, miope, rischioso e non può che indebolire la posizione del Paese sullo scacchiere europeo e internazionale.
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  21. Se è vero che non dobbiamo prendere lezioni non dobbiamo neppure pretendere di impartirne. La serietà di un interlocutore dipende dalla chiarezza dei suoi obiettivi e dalla coerenza dei suoi programmi. Meloni è stata costretta a fare marcia indietro su molte delle posizioni tenute in campagna elettorale ma dovrebbe avere il coraggio di ammettere apertamente che alcune promesse non sono realizzabili in tempi brevi – e talora neanche in tempi medi. E che qualche sacrificio, distribuito secondo equità, gli italiani di oggi lo dovranno ancora fare, per evitare, a sé stessi tra qualche anno e ancor di più agli italiani di domani, un’austerità molto più dura e anche peggio distribuita di quella attuale.
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