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- Elly Schlein può farcela a liberare davvero il sud Italia dal “sistema De Luca”
- di ENZO CICONTE storico
- Tra i tanti problemi che ha il nuovo Pd di Elly Schlein, quello della classe dirigente meridionale è tra i principali, legato al progressivo abbandono di temi, scelte, obiettivi, lotte; il risultato è stata la formazione di quadri politici e di una rappresentanza locale lontana dai bisogni popolari e legata al potere del partito nazionale che ha legittimato acriticamente quello locale. Sono mancate le lotte politiche, i movimenti, le battaglie politico-culturali, e di conseguenza ai nuovi dirigenti è mancata la scuola della realtà, il contatto con gli strati sociali popolari, l’aspra e conflittuale lotta politica sui grandi temi, il confronto costante nei circoli spesso chiusi o aperti solo per una conta delle tessere ai congressi. Una recente ricerca di Eugenio Marino sul Pd, pubblicata da Repubblica, fotografava la realtà: tra i dirigenti meridionali gli operai erano solo tre e chi faceva un lavoro manuale era quasi assente. Gli articoli di Nello Trocchia e di Giovanni Tizian su questo giornale descrivono un quadro impressionante in Campania che, nella sua unicità, mostra un volto inquietante.
- Gli anticorpi nel Pd
- È bene chiarire che ci sono dentro il Pd forze ed energie nuove e fresche che riescono a fare battaglie memorabili e anche ad amministrare bene le loro comunità. Ma sono una minoranza che proprio con l’elezione della nuova segretaria potranno ora acquistare peso e diventare maggioranza, trasformando in profondità il partito che in alcune aree è decisamente screditato. Recuperare credibilità è difficile perché è venuta meno la fiducia. Le astensioni, che non sono solo un fatto meridionale, e le migrazioni elettorali verso altri partiti ne sono un segno evidente.
- Il Mezzogiorno, accanto a grandi potenzialità e risorse, a zone di assoluta eccellenza, a pratiche di accoglienza degli stranieri straordinarie e commoventi, ha problemi giganteschi: lavoro, sanità, scuola, ambiente, gestione del territorio, agricoltura, industria, desertificazione dei piccoli centri montani. Il Pd conosce questi problemi, ma li ha declamati, li ha elencati senza riuscire a promuovere lotte significative. Anche quando, come con il recente viaggio del governo per il consiglio dei ministri a Cutro, aveva ottenuto un assist formidabile, il Pd calabrese è rimasto afono.
- Il Pd di Crotone, i dirigenti e i consiglieri regionali sono rimasti assenti da una manifestazione che pure c’è stata, quella del lancio dei peluche, e non sono stati capaci di organizzare una protesta per come si è svolta quella visita, quando la presidente Meloni non è andata a Crotone dove c’erano le bare dei morti in mare. La protesta è stata fatta in parlamento, non a Cutro. Solo due giorni dopo, con la grande marcia a Cutro, si è recuperata una presenza. Anche sul ponte sullo Stretto il Pd locale è afono e lascia a Salvini e ad Occhiuto l’iniziativa, senza agire con fermezza, di fronte a uno scempio di propaganda falsa.
- È in questo quadro di problemi irrisolti che sono cresciute mafie, clientelismo e corruzione. Il Pd, in molte realtà, non è riuscito a rappresentare l’alternativa a tutto ciò, anzi ne è stato risucchiato e non è stato capace di offrire un orizzonte di trasformazione sociale e di superamento di antiche e nuove arretratezze, di forme moderne di disuguaglianza e di povertà.
- L’alternativa possibile
- Il Pd si è adagiato sulla realtà senza l’ambizione di cambiarla come deve fare un partito di sinistra. E invece è possibile cambiarla anche in situazioni molto difficili. Anni fa a Lamezia Terme si candidò a sindaco Gianni Speranza, una vita nel Pci e nella sinistra calabrese. Iniziò la sua campagna elettorale dicendo che non voleva i voti della ‘ndrangheta. Qualcuno gli consigliò prudenza, qualcun altro disse che non avrebbe vinto se continuava su quella strada. Vinse, e rivinse anche cinque anni dopo. Fu un sindaco di minoranza perché i partiti che lo avevano sostenuto non avevano avuto la stessa sua nettezza.
- Non sta scritto da nessuna parte che se lotti contro le mafie, l’illegalità, la corruzione, le clientele non puoi vincere. E non è il solo esempio. Si guardi all’esperienza di Casal di Principe e al suo sindaco Renato Natale. E a tante altre in giro per il sud, in Puglia, in Sicilia e altrove. La lotta alle mafie non può essere delegata alla magistratura. Deve far parte dell’iniziativa di un partito politico, perché combattere i mafiosi significa organizzare una lotta di popolo, contrastare i poteri criminali, difendere l’economia dall’aggressione mafiosa, combattere la tolleranza verso di loro, spiegare ai giovani quanto sia sbagliata la fascinazione per i criminali, assumersi la responsabilità di impedire che si candidino nelle liste amici, prestanome o parenti stretti dei mafiosi, organizzare la contestazione contro leggi sbagliate come quella degli appalti appena approvata.
- Questo e tante altre cose ancora può fare un partito, assieme ad altri naturalmente, partiti e associazioni di ogni tipo, perché la lotta alle mafie è solo in parte lotta giudiziaria.
- Un modello da imitare
- In passato nel Mezzogiorno sono cresciuti fior di uomini e donne che sono diventati sindaci, dirigenti politici e parlamentari. Perché non si può replicare questo modello che è modernissimo e che serve a formare quadri riconosciuti dalla popolazione? Elly Schlein ha vinto il congresso perché, tra le tante altre cose, si è impegnata a contrastare cacicchi e capibastone. Una parte di costoro stanno nel Mezzogiorno e se farà fino in fondo questa battaglia, come ha mostrato di voler fare in modo così potente e inaspettato commissariando il partito campano, il Pd avrà la forza per spalancare le porte del futuro.
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