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Issho ni Otona ni naru cap.1 scena 1+2

Aug 10th, 2019
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  1. Lo spezzarsi di un gesso interruppe il fruscio della matita sul foglio. Emiru staccò gli occhi dall'orsetto senza gambe che stava disegnando, guardando uno ad uno i vari compagni di classe. Nessuno di loro, stranamente, sembrò aver ricevuto gessi in faccia oppure occhiatacce, e anzi, il tonfare dei tacchi nel pavimento che si fece sempre più intenso la fece deglutire.
  2.  
  3. Fu uno schiarirsi di voce proprio davanti a lei a farla guardare in alto, verso una coda castana costantemente stritolata dalle mani piene di rughe dell'insegnante, il cui sguardo si assottigliò. – Aisaki – la chiamò. Emiru non poté far altro che scattare in piedi, mentre il rumore della sedia capitombolata verso il terreno trasformò lo sguardo della professoressa in un mugolio che aumentava d'intensità.
  4.  
  5. Emiru chiuse gli occhi, pronta a ricevere una sprangata col suo stesso libro di testo, ma quando li riaprì, trovò ancora la professoressa a fissarla. – Pagina? –. – Venticinque – rispose, e l'insegnante soffiò, prendendole il libro e girando sfogliandolo. Quando le fu restituito, l'occhio cadde sul 27 al lato della pagina.
  6.  
  7. Quando tornò a sedersi Emiru fu raggiunta da un paio di risatine che venivano dall'altro lato dell'aula. Le arrivò un “è proprio una sciocca”, al quale Emiru decise di rispondere abbassando lo sguardo verso il libro di testo. Lo sbattere delle mani della professoressa fece ricominciare la lezione.
  8.  
  9. Ai due rintocchi della campanella Emiru lasciò cadere verso il banco la matita, diede un'occhiata alle gambe dell'orsetto appena finito ed alzò lo sguardo verso l'insegnante che si stava voltando verso di loro. La sentì schiarirsi la voce. – Dunque, entro domani voglio delle E-mail con tutti gli esercizi svolti, è chiaro? –. Tutti gli studenti, lei compresa, annuirono in segno di comprensione, e dopo un inchino l'insegnante sparì dietro la porta.
  10.  
  11. Emiru ripose matita e libro dentro allo zaino e lo infilò in spalla, diretta verso l'uscita. Più avanzava, più i compagni parvero attratti ad una forza che li stava tenendo uniti in piccoli gruppi sparsi per vari angoli della classe che borbottavano fra di loro. – Hai visto Gridman ieri? – chiese un bambino alla sua destra, ricevendo uno scossone di testa dall'altro amico. Poi la conversazione continuò.
  12.  
  13. Un ticchettio di passi si fece man mano più vicino, fino a quando una mano non le strinse la spalla. – Ehi, Miss.Sicurezza. Tutto apposto, no? –. Si voltò, trovando una bambina intenta a ridere. Alzò la testa, cercando di superare il collo di altezza che le divideva, e strette le mani ai manici dello zaino preparò un sorriso. – Hai bisogno di qualcosa, Karakai? –.
  14.  
  15. La bambina lasciò la presa, preferendo giocare con la coda di capelli che le pendeva dalla spalla. Karakai cominciò a guardarsi attorno, e forte degli sguardi che si stavano accumulando verso di loro prese a ghignare. – Nulla di che, volevo solo assicurarmi che non ti fosti fatta niente, Miss sicurezza –
  16.  
  17. Emiru abbassò la testa e cercò di camminare fino alla soglia. Il fruscio di qualcosa che scorreva attraverso il pavimento le fece scattare le orecchie. Un passo e si ritrovò spinta contro il pavimento. Il respiro si bloccò, i rumori di fondo che da un semplice riverbero lontano si schiarirono sempre di più in risatine rivolte verso di lei. Quando riprese a respirare si accorse che le mani avevano evitato una probabile mascella rotta.
  18.  
  19. Sentì Karakai schioccare diverse volte la lingua, come a voler indicare qualcosa che non andava. – Eh no! Non è così che dovresti dare l'esempio, mia cara! Si guarda sempre dove si va! –. Emiru cercò di tirare indietro le lacrime e strinse i denti.
  20.  
  21. Si sollevò da terra, ignorando qualsiasi cosa l'avesse fatta cadere. Date un paio di botte alla gonna rosa, si concentrò sul gruppo che stava ancora ridendo. “Non devi dar peso a certe persone”, le diceva spesso sua madre, e seguendo quel consiglio lasciò la classe con uno sbuffo mentre un borbottio, sempre più lontano, aveva ricominciato a pervadere l'aula.
  22.  
  23. Un broccolo rotolò in avanti, spinto da una forchetta che lo stava spingendo verso il bordo del piatto. Con un colpo secco la forchetta pugnalò il broccolo, si sollevò dal terreno e si avvicinò ad una bocca aperta, pronta a maciullare e spezzettare il povero broccolo fino a ridurlo in poltiglia ed ingoiarlo.
  24.  
  25. Emiru posò sia il coltello ché la forchetta sul piatto, lasciando che i due si incrociassero al suo centro. Poggiò un gomito contro il tavolo in modo da usare la mano come appoggio per la guancia e ridusse gli occhi a due fessure. Masato stava tagliando la bistecca appena arrivata, mentre ai due capitavola Mamma e Papà distoglievano di tanto in tanto gli occhi dai rispettivi piatti per guardare i tablet che reggevano con l'altra mano.
  26.  
  27. Si lasciò andare ad un soffio, le spalle si rilassavano. Guardò verso il muro, seppur con la testa fosse già a pizzicare le stringhe della chitarra, a chiudere gli occhi e lasciare che le note di qualche canzone la trascinassero via dalla realtà. Partì una canzone. La testa iniziò a dondolare al ritmo della canzone che aveva in mente, i piedi picchiettavano sul pavimento seguendo il ritmo della parte cantata accompagnati dalle dita che toccavano le guance.
  28.  
  29. Lo schiarirsi di voce di Masato la fece sobbalzare. Gli arti le si immobilizzarono, il petto cominciò a bruciarle da quanto non respirava. – Emiru. Siamo a tavola, ti prego –. Solo quando riuscì di nuovo a respirare notò il piatto di Masato vuoto. Doveva aver attirato troppo l'attenzione, così abbassò la testa nel tentativo di scusarsi. – Chiedo scusa, fratellone. Non lo farò più –. Masato annuì. – Sarà meglio –.
  30.  
  31. Tutti i tintinnii delle posate terminarono. Emiru staccò la mano dalla guancia, e voltandosi attorno notò che entrambi i genitori avevano gli occhi puntati su di lei. Cercò di incassare la testa dietro le spalle, alternando lo sguardo fra i due capi della tavola e deglutì. Notò il padre aggiustare la postura per osservarla meglio, posare il tablet a terra e prendere un respiro. – Com'è andata a scuola, Emiru? –.
  32.  
  33. Le labbra tremarono, e dovette stringere i pugni nascosti sotto al tavolo per non sputare fuori gli eventi di quella mattinata. Con un paio di respiri riuscì a rilassare le spalle, ma un tonfo proveniente dalla parte di tavola dov'era seduta Mamma le fece rialzare, costringendola a stare in ascolto. – Allora? Com'è andata? –
  34.  
  35. – Bene –.
  36. – Qualche test di cui dobbiamo sapere? –. Emiru scosse il capo, guardando meglio la figura del padre. Il tablet era collegato ad un qualche sito dalle colorazioni rosse, probabilmente quello della scuola.
  37. – E per quanto riguarda le amicizie? Da quanto è che non porti qualcuno in casa, Emiru? –
  38.  
  39. Emiru sbatté un paio di volte le palpebre. – Come? –. Appoggiò una mano sul cuore, ormai quasi pronto a stringerle il petto. Il pensiero tornò di nuovo a quella camera, alla voglia di suonare la chitarra da sola, e se non fosse stato per lo sguardo del padre, tutt'ora fissato contro il suo, lei se ne sarebbe andata.
  40.  
  41. – Non ti ho visto portare nessuno a casa, dico bene? –.
  42. Emiru cercò di sorridere. – Tranquillo, ti dico che va tutto bene! Non ho problemi! – rispose, e con quella frase scese dalla sedia e sparì oltre il corridoio che divideva la Sala da pranzo e la camera.
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