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Il tramonto dell’homo democraticus

Sep 25th, 2023
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  1. Il tramonto dell’homo democraticus
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  3. La svolta liberista, ultima rivoluzione del capitalismo, condanna la democrazia all’ultimo atto. Come racconta Carlo Galli nel suo saggio
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  6. di Ezio Mauro
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  9. Giunta stremata fin qui, come se avesse esaurito le sue risorse, la democrazia ha ancora qualcosa da dire nel nuovo secolo della crisi, oppure dovremo prendere atto che è una creatura del Novecento adatta agli anni del benessere e della redistribuzione, incapace oggi di fronteggiare le tre emergenze dell’economia, della sanità, della geopolitica? Misuriamo ogni giorno il disincanto democratico dei cittadini, nella loro solitudine repubblicana che al voto ormai prende in ogni occasione il volto del risentimento, della rabbia e della ribellione.
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  11. Crescono le diseguaglianze, aumentano le esclusioni, e gli individui finiti ai margini, precipitati fuori dal perimetro di garanzia, dopo aver denunciato i ritardi della politica ormai chiamano in causa direttamente la democrazia. Doveva essere (lo abbiamo creduto) la forma politico-istituzionale della civiltà occidentale, la proiezione pubblica dei nostri diritti e della nostra libertà nella coscienza del limite, l’universale che offrivamo al mondo come garanzia della convivenza possibile, l’ultima religione civile sopravvissuta al crollo delle vecchie credenze ideologiche.
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  13. E invece la pretesa della democrazia di convertire il mondo ai suoi valori e ai suoi principi si è rattrappita fino a rifugiarsi in una dimensione domestica. La democrazia ritorna a chiudersi in Occidente, dov’è nata e dove ora rischia di consumarsi fino a contraddirsi. Come se nel mondo scomposto di oggi non ci fosse più posto per nessuna credenza universale, nemmeno quando parla di libertà. Carlo Galli nel suo nuovo libro (Democrazia, ultimo atto?, Einaudi) risale la deriva di questi ultimi decenni, ammettendo il rischio.
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  15. La democrazia non è una sovrastruttura metafisica che domina la nostra vita, non si traduce in un destino inevitabile, non può contare su nessuna garanzia provvidenziale. È invece una costruzione umana, un fatto storico instabile e revocabile, che proprio in questa esibizione della sua fragilità ripone la sua autenticità disarmata, post-ideologica, quindi modernissima. Stiamo parlando naturalmente della democrazia occidentale che nasce con lo sbarco in Normandia “sotto l’ala americana”, seguendo il modello anglosassone, perché la vittoria nella guerra sul fronte orientale ha portato alla liberazione dal nazismo, ma non all’affermazione della libertà democratica, la libertà atlantica dal bisogno e dalla paura annunciata a Terranova nel 1941 da Churchill e da Roosevelt.
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  17. Siamo di fronte al modello che verrà chiamato liberal-democratico, coi due pilastri della libertà individuale e della sovranità statale, «merce d’importazione — ricorda Galli — anzi da sbarco» capace di realizzare quell’incontro tra democrazia e liberalismo mancato nel cuore di un’Europa che li aveva generati entrambi. L’obiettivo è un ordine degno di uomini liberi, costruito attraverso la combinazione di libertà individuale e uguaglianza civile, nel quadro della legalità dello Stato costituzionale di diritto, che interviene sul piano economico. Nella sua versione liberale (che conterrà anche la variante socialdemocratica) la democrazia può contare su una rete di corpi intermedi, mentre i diritti sono il nucleo fondamentale, lo Stato il custode, la sfera pubblica la palestra.
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  19. Ma appunto, il grande facilitatore è il progresso, non nella forma ideologica dell’“avvenire”, ma in quella materiale del benessere, attraverso i consumi e il welfare state. È la stagione della società opulenta di Galbraith, che si specchia nella società aperta di Popper, confermate nella loro fiducia nel futuro dal boom delle nascite del dopoguerra. Un’epoca in cui le promesse della democrazia si avvicinano alla realtà, e il conflitto sociale e l’ordine giuridico trovano un transitorio equilibrio.
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  21. Tutto si spezza nel 1971, quando Nixon annuncia l’abbandono del gold standard, la convertibilità del dollaro in oro: finisce qui, con la denuncia dell’insostenibilità dei costi del suo contenuto sociale, la stagione classica della liberal-democrazia, nel frattempo attaccata da destra come una derivata della modernità nichilista, e da sinistra come una mediatrice tra il proletariato e il capitalismo: e comunque logorata dalla crescita dell’insicurezza sociale per la crisi dell’ordine pubblico. Galli spiega che da questo squilibrio si esce con la quarta rivoluzione del secolo, dopo comunismo, fascismo, liberal-democrazia: è il capitalismo che trova l’energia per inventare un nuovo modello di società e un nuovo paradigma economico che sostituisce la lotta alla disoccupazione con la battaglia contro l’inflazione.
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  23. È la svolta della democrazia liberista, sostenuta da leader come Reagan e Thatcher, mentre la sinistra dopo aver portato le masse dentro lo Stato, si accontenta di “addolcire” una rivoluzione altrui. Ma la crescita delle diseguaglianze nel sapere e nel potere fa precipitare fuori dal recinto della cittadinanza i nuovi esclusi: se la liberal-democrazia creava folle solitarie, il liberismo produce masse di solitudini individuali, che scontano lo sfiorire dei valori fondativi della democrazia (libertà e uguaglianza), affannandosi dentro un processo di de-democratizzazione. I populismi di destra e di sinistra provano l’antidoto del processo alle élite, ma producono esasperazione, non emancipazione.
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  25. Ognuno per conto suo, si finisce tutti in una nuova spirale oligarchica che normalizza procedure eccezionali, scivolando verso un’inedita post-democrazia, confermata da tutti i segnali concordi dell’epoca: la trasparenza che si rovescia, non è più un dovere del potere ma una sottomissione volontaria dell’individuo, «con la dimensione amministrata dell’esistenza ormai preponderante rispetto a quella costituzionale dei diritti»; la tecnica che propone un mondo gemello più vero del vero; lo Stato di diritto che nella costanza dell’emergenza diventa Stato securitario. Proprio qui arriva la guerra. Condannando l’aggressione russa, Galli sostiene che si devono riconoscere, senza accettarle passivamente, le radici teologico-politiche del conflitto, a partire dalla pretesa imperiale che la Russia avanza: io credo invece che quelle “ragioni” siano il fondamento di un nuovo universale antidemocratico, perché negano la libertà e la sovranità, pilastri della liberal-democrazia.
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  27. Certo, mentre l’Oriente sperimenta con l’invasione la nuova teoria della “democrazia illiberale”, l’Occidente ha il vantaggio e l’obbligo di vigilare su se stesso, per evitare che domani la nuova guerra fredda vada in scena tra post-democrazie da una parte e democrature dall’altra. Il libro di Galli si conclude nella speranza che il realismo critico europeo rianimi la democrazia. Ma che sarà intanto dell’uomo democratico, dopo che avrà attraversato tutte queste prove? La fase che stiamo vivendo lo riduce sempre più a medietà statistica, lo invita a non fare domande, perché tutto il mondo è ormai rivelato, basta riscuotere la risposta già preconfezionata.
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  29. Così la paura che l’Intelligenza Artificiale possa sostituirci, si rovescia: come un mulino che macina se stesso, l’IA riproduce il discorso medio quotidiano, che è già uniformato dalla necessità figlia della crisi. Alla fine di questo inizio di un’era incognita, non è l’Intelligenza Artificiale che imita noi, ma siamo noi che già ragioniamo e parliamo come lei.
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  32. Democrazia, ultimo atto?
  33. di Carlo Galli (Einaudi Stile libero, pagg. 144, euro 15) Da domani
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