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- La notte del 31 dicembre, in mezzo ai fuochi d'artificio, un gruppo di ecologisti internazionali fa esplodere la più grande acciaieria d'Europa.
- Fuochi d'artificio fu uno dei rari film politici - e non sociali - del Festival Premiers Plans ad Angers dove venivano presentati numerosi film studenteschi. Questo saggio, allo stesso tempo diretto e complesso, si rivelò essere uno dei pochi film che osavano "vita onirica"; e confrontarlo con i mezzi cinematografici: il potente colpo principale, attraverso i fuochi d'artificio di Capodanno, incendia progressivamente le acciaierie di Taranto ("La città più inquinata d'Europa" secondo il regista che è cresciuto lì). Prima di essere militante, il film è soprattutto vivace e ispirato. Lungi dal mantenere un discorso ben denunciato e denunciato, gli incendiari preferiscono evocare un padre della classe operaia, la realtà della corruzione ordinaria o il genio collettivo del carnevale di Dunkerque. Per quanto giuste possano essere, le idee belle spesso cedono al peso delle convenzioni della realtà, aumentando il divario tra la vita e l'ideale, così anche qui devono esplodere - forse per riadattarsi in un modo migliore? - sotto la forza del linguaggio, degli atti e delle visioni. Un tale sparo diventa salutare tra il grigiore sub-realista circostante, ben oltre questo singolo film. <br/> <br/> Florent Guézengar, Cahiers du Cinéma, n ° 676 marzo 2012
- 6a5bcca1a6
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