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Laredazione

Divisioni e consenso

Sep 14th, 2023
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  1. Divisioni e consenso
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  3. Tensioni inevitabili in un sistema fondato su di una legge elettorale mista ma in cui la componente maggioritaria obbliga i partiti a formare coalizioni disomogenee
  4.  
  5. di Stefano Passigli
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  7.  
  8. Anche i grandi amori finiscono. Figurarsi le lune di miele, specie in politica. Puntuali, infatti, iniziano a manifestarsi anche nella maggioranza che sostiene il governo Meloni le prime serie divisioni, come è inevitabile avvenga in un sistema fondato su di una legge elettorale mista ma in cui la componente maggioritaria determina l’esito del voto, obbligando i partiti ad allearsi in coalizioni disomogenee atte a vincere ma non a governare con efficacia.
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  10. La coalizione che sostiene il governo Meloni ha così come fulcro un partito — Fratelli d’Italia — il cui successo elettorale deriva dal suo essere stato il solo partito di opposizione, cui si uniscono però due partiti — Lega e Forza Italia — che sono stati al governo per larga parte delle due precedenti legislature. Il loro collante è così rappresentato dalla gestione del potere ben più che da una reale convergenza programmatica.
  11.  
  12. In politica estera, ad esempio, sulla cruciale questione ucraina, come dimenticare che solo la tenuta del PD e la conversione della Premier ad un vigoroso neo-atlantismo di impronta americana hanno potuto riequilibrare l’equidistanza, se non addirittura le iniziali simpatie pro-Putin, di Berlusconi e Salvini? E quanto alla Unione Europea e alle sue prossime elezioni come dimenticare che se Meloni e Salvini (ma non tutta la Lega) propendono per un cambio di alleanze e non pongono veti ad una maggioranza con Vox, Le Pen, Orban e il polacco Kaczynski, le posizioni di Forza Italia sono nettamente divergenti? Non si può nemmeno tacere che in materia di giustizia le posizioni di Nordio sono apparse più vicine a quelle di FI che a quelle di FdI.
  13.  
  14. Quando si consideri che Forza Italia mantiene una presenza parlamentare più o meno pari a quella della Lega, anche la decisione della Premier Meloni di tassare gli extra profitti delle banche consultandosi informalmente con il solo Salvini e non anche con gli eredi di Berlusconi, rappresenta un punto di debolezza e non di forza, o quantomeno un rischio in sede parlamentare. Anche sulla vitale questione della legge di bilancio in presenza della mancanza di almeno 20 miliardi e della necessità di negoziare con Bruxelles se non un ulteriore rinvio del ritorno al patto di stabilità almeno una qualche soluzione temporanea, le posizioni all’interno della coalizione — e in particolare della stessa Lega — si annunciano fra di loro difficilmente conciliabili, e soprattutto incompatibili con gli impegni assunti dalla coalizione con gli elettori.
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  16. Infine, come dimenticare che in materia di migranti alle tradizionali divergenze con le opposizioni si sono ora aggiunte anche tensioni con Comuni e Regioni, sovente amministrati dallo stesso centro-destra? Anche tacendo della proposta di fissare per legge un salario minimo, che pur raccoglie consensi anche tra molti elettori dei partiti di maggioranza, è infine probabile che la mancanza di risorse porterà a forti tensioni, così come farà l’incapacità di far fronte alle necessità del servizio sanitario nazionale e della istruzione pubblica ove l’Italia è oggi all’ultimo posto in Europa come percentuale di spesa rispetto al totale della spesa pubblica.
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  18. Ve ne è a sufficienza per affermare che la luna di miele è finita, e che ben difficilmente in futuro la Premier potrà continuare a godere di quel maggior gradimento rispetto al suo governo che oggi le viene dalla sua visibilità sulla scena internazionale e da una strategia di comunicazione interamente incentrata su di lei. La probabile caduta del consenso di cui fino ad oggi il governo ha goduto non deve tuttavia sorprendere. In sistemi politici bipartitici o strutturalmente e stabilmente bipolari il fenomeno dell’usura dei nuovi leaders di governo non è rilevante, e chi vince le elezioni può sperare di governare per l’intera legislatura.
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  20. Non così se il sistema partitico è, come in Italia, frammentato. Se poi — con un clamoroso errore—si tenta di forzare un sistema frammentato in un assetto bipolare introducendo leggi elettorali maggioritarie fondate sul collegio uninominale, non solo non si eliminano i partiti minori (che anzi prosperano essendo spesso portatori dei voti marginali necessari alla vittoria nei collegi), ma si determina in sede di elezioni il formarsi di coalizioni disomogenee atte a vincere ma — come abbiamo già detto — non adeguate a governare con efficacia. In sistemi frammentati il ricorso a leggi maggioritarie non è la risposta giusta.
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  22. Meglio una proporzionale corretta che consenta il formarsi in Parlamento, sulla base dei risultati elettorali e di un serio confronto programmatico tra le forze politiche, di governi che — contrariamente alla vulgata popolare — hanno una maggiore capacità di tenuta nel tempo, specie se – Germania docet – assistiti da innovazioni istituzionali quali la sfiducia costruttiva, cui affiancare la fiducia data al Premier a Camere riunite, unitamente al potere di nomina e revoca dei ministri, e alla facoltà di proporre al Capo dello Stato lo scioglimento del Parlamento.
  23.  
  24. La nostra forma di governo parlamentare può essere insomma razionalizzata e resa vitale senza rischiare pericolose avventure istituzionali già due volte (2006 e 2016) sconfitte dal voto popolare in sede di referendum confermativo. Più che di riforme costituzionali l’Italia ha bisogno di una nuova legge elettorale che superi l’ubriacatura maggioritaria.
  25.  
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