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Laredazione

Gli irresponsabili

Jul 9th, 2023
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  1. Gli irresponsabili
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  3. Delmastro, Santanchè e la separazione dei poteri
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  5. di VLADIMIRO ZAGREBELSKY
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  8. I nostri governanti sono soliti vantarsi della loro abitudine a “metterci la faccia”. Ma ora, data la loro gravità, ci tocca commentare ciò che “note informali”, “fonti di Palazzo Chigi” e “fonti di via Arenula” hanno lanciato tra le urgenti notizie di agenzia e i titoli di ogni genere di media. Si tratta di opinioni gravi e irresponsabili, sia perché appunto non responsabili in quanto anonime, sia perché, non essendo formalmente smentite, si deve credere (si fa credere) che provengano dal governo.
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  10. Ed è stupefacente che in un sistema di stato di diritto e di separazione dei poteri, il governo in tal modo attacchi l’esercizio della funzione giudiziaria. Di questo infatti si tratta, anche se si vorrebbe far credere che siano pensieri vaganti nei corridoi di due palazzi, dietro i cui nomi sta però la presidenza del Consiglio dei ministri e il ministero della Giustizia.
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  12. Da una nota informale del primo emerge un attacco alla magistratura per la indagine sulla sottosegretaria Santachè che riprende stile e contenuti dello scontro abitualmente alimentato dal mondo berlusconiano: mondo cui inaspettatamente viene ad iscriversi ora il partito della presidente del Consiglio, che già aveva manifestato insofferenza per l’attività di organi di garanzia e legalità come la Corte dei conti e l’Autorità anticorruzione.
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  14. Dai corridoi del ministero della Giustizia e solo ora da un comunicato stampa, invece, si pretenderebbe che sia inammissibile ciò che il codice di procedura penale prevede; che cioè il giudice dell’indagine preliminare possa decidere diversamente da quanto chiede il pubblico ministero e, invece di archiviare una notizia di reato, disponga che si proceda con la formulazione del capo di imputazione e il seguito della normale procedura. Una simile evenienza si è verificata ora nel caso riguardante le notizie su atti interni del ministero che sono state passate dal sottosegretario alla Giustizia Delmastro al collega di partito Donzelli e da questi fatte oggetto di un suo intervento in Parlamento.
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  16. La decisione del giudice, difforme dalla richiesta del pubblico ministero, sarebbe incompatibile con un processo di parti e inammissibile rispetto al monopolio della azione penale che spetterebbe al pubblico ministero. Nonostante che queste ultime tesi siano da alcuni organi di stampa fatte risalire a dichiarazioni del ministro Nordio rese in Giappone, c’è da sperare che così non sia: meglio che vengano da fonti anonime del ministero, tanto sono prive di fondamento. Il pubblico ministero, all’esito dell’indagine preliminare, può ritenere che la notizia di reato sia infondata o comunque non vi sia una ragionevole previsione di condanna (in tal senso il codice recentemente riformato).
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  18. Ma non può direttamente cestinare la notizia di reato. Una tale possibilità è praticata in altri ordinamenti, che prevedono la discrezionalità più o meno libera del pubblico ministero. Ma persino nel sistema britannico, cui il ministro ama richiamarsi facendone un modello, vi sono esempi di judicial review sul modo in cui l’organo di accusa decide di non procedere.
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  20. L’esigenza di controllo da parte di un giudice in ordine alle decisioni del pubblico ministero è generalmente presente nei sistemi europei, soprattutto sollecitata dalla necessaria tutela delle vittime dei reati. In Italia, comunque, il ministro della Giustizia e i suoi uffici devono ricordare che la sottoposizione di ogni determinazione del pubblico ministero al controllo del giudice -per accettarla, modificarla o respingerla- è un principio essenziale della procedura penale, qualunque sia lo status del pubblico ministero (magistrato indipendente o, come avviene altrove, variamente dipendente dal governo).
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  22. Nel testo originario del codice di procedura penale del 1930, che porta il nome del ministro Alfredo Rocco, il pubblico ministero decideva autonomamente di archiviare le notizie di reato oppure di procedere portando l’imputato a giudizio. Subito dopo la fine del ventennio fascista e prima ancora della approvazione della Costituzione repubblicana un provvedimento urgente del governo (decreto legislativo n. 288 del 1944) dispose la modifica dell’art. 74 del codice, nel senso che il pubblico ministero dovesse richiedere la archiviazione della notizia di reato al giudice istruttore, il quale poteva invece disporre che si procedesse alla istruzione.
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  24. Gli abusi e le persecuzioni discriminatorie, che la norma originaria aveva permesso, discendevano anche e appunto dalla pretesa del monopolio della azione penale in capo al pubblico ministero. Dal 1944 in poi anche con i cambi che la procedura penale ha subito, è il giudice che archivia o non archivia le notizie di reato, decidendo sulle richieste del pubblico ministero a seconda che le ritenga fondate, oppure infondate e quindi da approfondire nel corso ordinario del procedimento. C’è poi da aggiungere che lo stupore ministeriale per l’autonomo esercizio della giurisdizione da parte del giudice contrasta con la frequente accusa di “appiattimento” dei giudici sulle richieste del pubblico ministero.
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  26. Un appiattimento che sarebbe dovuto al fatto che l’uno e l’altro sono colleghi: da separare dunque per assicurare al giudice la dovuta indipendenza e mettere il pubblico ministero al suo posto!
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