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Sep 26th, 2017
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  1. Il duello fu un cozzarsi velocissimo di ferro contro ferro. L'avversario era di corporatura robusta, e Chirisu aveva scelto di puntare sulla velocità per sopraffarlo. Al posto delle solite spade, questa volta impugnava due daghe. Più corte e sottili dello standard a cui era abituato, erano curve, in pieno stile orientale. Come aveva già deciso, Chirisu si scaglio subito contro l'avversario, costringendolo a difendersi da una pioggia di colpi, mirati solamente a fare numero. Nonostante la stazza, l'avversario riusciva a stargli dietro. Parava tutti gli attacchi, senza mancarne uno, ma non aveva capito quale fosse il piano del Lupo Nero. Quella che pareva una serie casuale di attacchi, puntati esclusivamente sulla velocità, al termine di un'analisi superficiale dell'avversario, invece avevano lo scopo di aprire pian piano la guardia del condannato. Iniziando a colpire verso il centro, costringendolo a parare dall'interno verso l'esterno, Chirisu aveva poi continuato a colpire sempre più lateralmente, facendo in modo di allargare il raggio della parata dello spadone a due mani dell'avversario. Continunando a colpire senza pausa, per non dargli il tempo di ragionare, e preoccupandosi di fargli parare ogni colpo, per dargli l'illusione di dover continuare su quella strada, alla fine gli aprì completamente la guardia e, continuando come se fosse un altro dei tanti colpi, affondo la daga destra nel torso del condannato, da fianco a fianco. Un colpo del genere avrebbe abbattuto chiunque, ma la principessa fu sorpresa nel vedere che l'avversario era ancora in piedi. Nutrendo stupore, e forse una punta d'orgoglio verso tale sforzo fisico, notò però che non erano le gambe tozze a sorreggerlo. Lanciata d'istinto la daga sinistra, era Chirisu a tenerlo in piedi, mantenendolo dal bavero. Il rumore metallico provocato dall'impatto della daga abbandonata col terreno non era ancora scomparso quando Chirisu colpì ancora l'avversario, stavolta con un fendente opposto al precedente. E lo colpì ancora, e ancora e ancora. E continuò a sferzare e a sventrare il cadavere, con lo sguardo perso, con la foga di chi sta cercando di squarciare qualcosa ben oltre la carne che ha davanti.
  2.  
  3.  
  4. ~
  5.  
  6.  
  7. Chirisu spalancò gli occhi per la rabbia, le pupille si restrinsero. A fatica non digrignò i denti, serrò i pugni talmente da forte da lacerarsi i palmi con le proprie unghie. Poi però si rilassò di colpo, lo sguardo vuoto e freddo. Girò la testa a sinistra per incontrare lo sguardo di Grifis, e questo il capo dei mercenari lo capì. Dopo un lungo momento in cui parve riflettere, gli rispose:
  8. «E va bene. Puoi ucciderlo.»
  9. Chirisu sorrise e tornò a guardare Fesso, visibilmente sconvolto da tale sentenza. Non parve nemmeno crederci, finché Chirisu non sguainò la spada.
  10. D'istinto sfoderò anche lui, e cieco di rabbia per come fosse stato condannato, decise di ammazzare quel bastardo d'un ragazzo che si credeva chissà chi. Caricò il fendente con quante più energie potesse, intento a sfondargli il cranio da sopra a sotto, ma Chirisu respinse il colpo con una facilità che soltanto i muscoli non potevano dargli. Fesso fu spinto indietro dall'urto del contraccolpo, finendo quasi per essere disarmato. Cercò, di riprendere l'equilibrio, ma Chirisu più veloce e più spietato, e con un rapido gesto gli recise la carotide.
  11. Impossibilitato a respirare, Fesso barcollò e cadde di peso, il sangue che gli sgorgava a fiotti dalla ferita, gli occhi che cercavano un qualche aiuto. Chirisu piantò la spada nel pavimento, vicino all'orecchio dell'avversario sconfitto, poi lo scavalcò con una gamba e gli si sedette sul torace. Fesso volle dire qualcosa, ma non ci riuscì. Chirisu si sistemò, col gomito poggiato sulla coscia, il palmo che manteneva il mento, e fissò negli occhi Fesso finché questi non furono diventati quelli pallidi e vitrei propri di un cadavere. Infine si rialzò, recuperò la spada e la rinfoderò, e si diresse nei suoi alloggi. L'intera compagnia aveva assistito, in silenzio, e tale rimase fin quando il suono dei passi non si fu esaurito.
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