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Laredazione

Sui conti è tempo di realismo

Sep 10th, 2023
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  1. Sui conti è tempo di realismo
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  3. di Mario Monti
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  6. Giorgia Meloni e Giancarlo Giorgetti affrontano insieme un passaggio difficile per l’economia italiana. La premier, impegnata in politica già a vent’anni, cresciuta alla Garbatella, piena di ardimento; il ministro dell’Economia, varesino laureato alla Bocconi, uomo pragmatico e prudente. È nelle loro mani, nelle loro capacità complementari, nella loro intesa la possibilità di trasformare quel passaggio difficile in una grande opportunità.
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  8. Se parleranno chiaro e diranno la verità, il buon senso tornerà nelle menti degli italiani e nelle aule parlamentari: la più importante delle «riforme». Per farlo, dovranno dissipare le illusioni monetarie e finanziarie, così come le illusioni populistiche e sovraniste, che anch’essi hanno contribuito ad alimentare. L’estate che sta per chiudersi ha probabilmente posto fine all'illusione climatica in molti di coloro che si rifiutavano di prendere atto del cambiamento climatico come un fenomeno reale con conseguenze devastanti.
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  10. Ho l’impressione che qualcosa di simile stia accadendo all’«illusione monetaria e finanziaria». Se le terrificanti immagini di incendi e inondazioni ci allertano sul primo fronte, il venir meno del secondo tipo di illusione non offre manifestazioni visive altrettanto chiare. Ma, a saperle leggere, sono abbastanza eloquenti le foto dei presidenti delle banche centrali americana, europea e giapponese un po’ spaesati a Jackson Hole, dove hanno discusso il perché della pericolosa perdita di credibilità delle loro istituzioni; o le foto di capi di governo o ministri già-sovranisti in incontri un po’ tesi con la Commissione europea, i cui vincoli e direttive avevano pensato di poter spezzare.
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  12. I banchieri centrali e l'autorità di bilancio hanno alimentato l’illusione che anni di espansione monetaria senza precedenti, di tassi di interesse a zero o negativi, di disavanzi pubblici in continuo aumento non avrebbero provocato danni; che tutti questi erano ingredienti di un «nuovo paradigma» nel quale non sarebbero tornati l’inflazione e i tassi nominali e reali elevati. Tale illusione è stata cavalcata da molti governi e, nelle campagne elettorali, ha perfino dato credibilità a promesse mirabolanti di vecchi o nuovi partiti populisti. Messo a dormire il fastidioso spread, chi si preoccupava più di affrontare costi politici per fare riforme strutturali e per tenere sotto controllo il disavanzo pubblico? Tutto questo, fortunatamente, sembra finito.
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  14. È questo atterraggio brusco sulla realtà a rendere la manovra economica delle prossime settimane particolarmente difficile, sul piano economico e politico. Ma anche particolarmente importante perché potrà ridare agli italiani il senso della realtà dopo che per dieci anni una gran parte di loro ha seguito imbonitori. Alcuni di questi sono ora al governo. Messi di fronte alla realtà, cercano di governare responsabilmente. Vi è qualche vistosa eccezione che però, nel nuovo contesto, appare sempre più stonata. Può darsi che governare seriamente dopo aver fustigato chi lo faceva provochi qualche perdita di consenso (un po’ come una «tassa sul trasformismo»; se si potesse istituirla davvero, si azzererebbe di colpo il disavanzo italiano).
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  16. Federico Fubini ha chiarito su queste colonne (7 settembre) le tre forze — arretramento dell’economia, condizioni della finanza pubblica, tassi di interesse — che, unite a sottovalutazioni di governi passati e in parte dell’attuale, rendono difficile questo passaggio. In questa situazione, come ha osservato Massimo Franco (9 settembre), le riforme più di bandiera — presidenzialismo, autonomia differenziata, riforma fiscale, riforma delle pensioni, nonché il Ponte sullo Stretto di Messina — tenderanno a slittare, per carenza di risorse o contrasti nella maggioranza. Meno riforme di bandiera e concentrazione sul molto che resta da fare sul piano economico e sociale, ma in un quadro di bilancio realistico, è forse un ordine del giorno meno identitario, ma non meno essenziale per imprimere reale progresso.
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  18. Spero che il ministro Giorgetti, arrivato in un ruolo decisivo per il Paese, sappia dare in modo coerente e continuo il suo impulso, come avvenne nel 2012 quando, da presidente della Commissione bilancio della Camera, fu cruciale per l’approvazione della riforma costituzionale sul bilancio pubblico. Per completezza, bisogna infatti ricordare che egli divenne poi sottosegretario alla Presidenza del Consiglio nel 2019 quando venne introdotto il reddito di cittadinanza in forma quanto meno non sufficientemente maturata e con ingenti conseguenze sul bilancio pubblico.
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  20. Ed era ministro dello Sviluppo quando il governo, pur avendo mosso critiche importanti al Superbonus 110%, ne propose la proroga; e concorse alla decisione di richiedere per intero l’utilizzo dell’importo disponibile per l’Italia nell’ambito del Ngeu, inclusa la parte in prestiti. Sul Superbonus, ma come indicazione più generale dell’avvedutezza economica che ora caratterizza pienamente Giancarlo Giorgetti, riporto quanto egli ha detto recentemente a Cernobbio. «Pensate al Superbonus e capirete perché a pensarci ogni volta mi viene il mal di pancia. Non solo per gli effetti negativi sui conti pubblici, ma anche perché ingessa la politica economica, lasciando margini esigui ad altri interventi.
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  22. E c’è l’effetto pernicioso, distorsivo, il cosiddetto spiazzamento, che ha sulla realizzazione degli interventi previsti dal Pnrr, ovvero sul rafforzamento strutturale della capacità produttiva. Quanti bandi emanati per opere pubbliche decisive sono andati deserti per la mancanza di imprese disponibili a realizzare le opere perché impegnate nel più redditizio e lucroso Superbonus? Il problema, insomma, era e resta l’offerta, la sua ricostruzione per via di interventi pubblici sani e decisioni private efficienti. La nostra capacità produttiva deve aumentare e occorre accrescere la produttività del sistema economico e soprattutto del terziario pubblico e privato.
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  24. Ma se badiamo solo alla domanda e insistiamo a far fare allo Stato la parte del Re Sole che distribuisce prebende, sussidi e sovvenzioni, non andiamo lontano». Concludo con una frase del ministro che spero non verrà dimenticata: «Il bilancio pubblico è la coscienza di una nazione: i suoi conti traducono gli errori e le virtù non solo di chi governa, ma anche di chi nell’economia agisce e non sempre in maniera virtuosa. E la libertà economica che avremo a disposizione, inevitabilmente dipenderà dal livello di debito pubblico che avremo in futuro».
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