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Laredazione

Gli amici di Visegrad: «No al patto»

Jul 1st, 2023
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  1. Il fallimento di Meloni sui migranti. Gli amici di Visegrad: «No al patto»
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  3. Salta la mediazione della premier con i leader sovranisti di Polonia e Ungheria, contrari alla ricollocazione Ma Meloni: «Italia protagonista al consiglio Ue». La strategia per mollarli dopo le europee 2024
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  5. di LISA DI GIUSEPPE
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  8. Il volo di ritorno da Bruxelles è un viaggio complicato per Giorgia Meloni che, dopo una vigilia di grandi aspettative, torna dal Consiglio europeo con nulla in mano. Per di più, per colpa dei suoi alleati ungheresi e polacchi. Salta intesa sui migranti: tutto da rifare, con Budapest e Varsavia che si sono messe di traverso su ridistribuzione e sanzioni a chi non rispetterà le nuove norme. Il fallimento della trattativa diventa una nuova grana per la premier, mentre gli alleati leghisti non nascondono commenti ironici: i meloniani cercano di minimizzare rimandando alle prossime elezioni europee, quando «tutto cambierà», dicono.
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  10. Forse anche la fedeltà dei sovranisti italiani a quelli europei, finora loro alleati. Alla fine del Consiglio, serve a poco l’insistenza della premier sul «consenso unanime a 27» che ci sarebbe in Europa sulla gestione della «dimensione esterna» del fenomeno migratorio. Neanche la sua mediazione con gli alleati Viktor Orbán e Mateusz Morawiecki in mattinata ha sbloccato il veto di Ungheria e Polonia sul preaccordo. Anzi: Morawiecki ha commentato il rientro anticipato di Emmanuel Macron dovuto ai disordini in patria con parole durissime.
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  12. «Le auto in fiamme, i vetri rotti, la criminalità: sono queste le immagini che vorremmo vedere in Polonia? Se non affrontiamo le cause dell’immigrazione clandestina alla radice non facciamo altro che generare ulteriori ondate di migranti». Ma Meloni ostenta solidarietà: «Non sono mai delusa da chi difende gli interessi nazionali», dice. Il nulla di fatto di Bruxelles si va a sommare a una serie di altri problemi su cui il governo arranca, come il Mes – la cui ratifica è appena stata congelata dalla maggioranza in parlamento – e il Pnrr.
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  14. E mentre il vicepremier e ministro degli Esteri Antonio Tajani si espone a sostegno della presidente del Consiglio, auspicando «solidarietà europea», negli ambienti leghisti ci si stupisce che qualcuno sia rimasto deluso dall’esito delle trattative. «Sembrava un po’ curioso aspettarsi collaborazione da Ungheria e Polonia» sibila un senatore del Carroccio. Le aspettative erano eccessive, è il ragionamento, e se i partner di governo si aspettavano altro dai paesi di Visegrad hanno voluto vedere qualcosa che non c’era.
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  16. Obiettivo europee
  17. Un distinguo in politica estera europea che sembra il seguito ideale alle provocazioni che Meloni ha subito per tutta la prima parte della settimana dalla Lega. Ma entrambi i partiti ormai guardano solo alle prossime elezioni europee. Mentre i leghisti di Identità e democrazia si vedono già ago della bilancia tra conservatori e popolari, per FdI l’appuntamento sta diventando sempre di più l’occasione per emanciparsi da partner che iniziano a diventare scomodi, come appunto ungheresi e polacchi. E di trasformarsi da anatroccolo “nero” in ponte moderato per un’alleanza stabile tra il gruppo di von der Leyen e i conservatori depurati da estremismi.
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  19. Dalla Lega hanno speranze diverse. Segnalano come anche Id alle prossime elezioni potrebbe beneficiare dell’aumento dei consensi per la destra che si sta verificando in quasi tutti i paesi europei. Le prove sarebbero già nei sondaggi: il Pis polacco (alleato di Meloni) è insediato da Konfederacja, partner del Carroccio, e in Germania AfD – anche lei parte del gruppo di Salvini – è in ottima forma, almeno secondo le rilevazioni. Questa circostanza, combinata con la relativa debolezza dei liberali di Macron fa sperare i leghisti. L’auspicio di Salvini è che alla fine Meloni possa traghettare i Popolari verso posizioni sovraniste.
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  21. Ma a parlare con i meloniani, sembra un esito piuttosto improbabile. Anzi, si percepisce quasi un fastidio nei confronti dei partner di Visegrad, che pure, come dice la premier, non fanno altro che tutelare i loro interessi nazionali. «Non saranno Ungheria e Polonia a definire la linea italiana nella politica europea» dice un parlamentare meloniano. Toni che ricordano più il rapporto tempestoso che FdI una volta aveva con l’Unione europea che i baciamano che si sono scambiati negli anni Meloni e Orbán.
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  23. La prospettiva di prendere anche le redini dell’Unione europea mette in secondo piano alleanze che, continua il deputato, «potevano avere dei punti di contatto quando eravamo tutti all’opposizione, ma da cui ora possiamo emanciparci». I sovranisti, perfino quelli alleati, non si aiutano tra di loro.
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