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- Il viaggio di Enea ai tempi degli esuli
- Questo era quanto dicevano, senza dirlo, le figure di un quadro di una pittrice portoghese un chiaro pomeriggio dell'estate del 2011, a Lisbona, in una casa antica della Costa do Castelo. Guardandolo sentii le loro voci e, come le sentii, ora le trasformo in scrittura. Senza altro aggiungere. UOMO CHE PARTE — Più mai ti caricherò sulle mie spalle, Padre, come già feci tanti e tanti anni
- CORO — Affrettati, la barca sta per salpare, dobbiamo tirare su l'ancora, il tempo stringe.
- UOMO CHE PARTE — Padre, devo partire, Ascanio è già sulla barca.
- CORO — Non far sapere a tuo figlio che stai partendo! Lui dorme ignaro sulla terra ancora calda degli incendi, non possiamo portarlo con noi, l'Occidente non vuole i bambini, al massimo accetta le tue braccia.
- PADRE (sussurrando) — Perché nessuno ha ascoltato Cassandra?
- CORO — Perché al Fato non ci si ribella, ha tentato di farlo Laocoonte e gli dèi hanno inviato due serpenti marini a strangolarlo con i suoi figli fra le loro spire. Gli stessi dèi che hanno mandato il cavallo con la pancia di fuoco a distruggere i nostri costumi e a portarci i loro, che chiamano democrazia.
- UOMO CHE PARTE — La loro democrazia sono rovine fumanti, morte, disperazione e cenere, e da tutto questo trarranno tanto denaro, perché per loro la guerra è un affare.
- CORO — Vieni, stupido uomo in partenza, approfitta della nostra barca, tu non sei nessun eroe, non sei più un cittadino, non sei neppure un uomo, sei solo un migrante.
- PADRE — Devi andare, Enea.
- CORO — Enea si chiamava una volta, ora si chiama Anonimo. Anonimo, hai forse dei documenti che dicano che sei qualcuno?
- UOMO CHE PARTE — Padre, non ti vedrò mai più?
- PADRE — Una volta mi ritrovasti nei Campi Elisi, ti guidò la Sibilla fino al regno di Ade. Con lei attraversasti lo Stigi e abbracciasti tre volte la mia ombra.
- CORO — La Sibilla è morta da tempo, e l'Ade è chiuso. Al suo posto c'è il fondo del Mediterraneo dove si putrefanno i cadaveri dei migranti che non hanno avuto fortuna.
- PADRE — E dopo il terzo abbraccio la mia ombra ti spiegò la dottrina di cicli e rinascite che regge l'universo, e confortato dalla mia spiegazione raggiungesti l'Italia, abitata da gente selvatica, e fondasti Roma, dalla cui civiltà nacque l'Europa.
- CORO — Vecchio, non c'è più niente da fondare. Ora l'Europa che nacque dalla città che fondò tuo figlio non vuole più intrusi, si è coalizzata con ferocia, ha delle navi costiere che sorvegliano gli sbarchi, affondano le povere imbarcazioni come le nostre; quelle genti una volta selvatiche ora sono ricche, alcuni di più, alcuni di meno, perché i poveri sono funzionali ai ricchi e senza i poveri i ricchi non potrebbero essere ricchi. Ma i ricchi che ivi comandano non vogliono gente più povera dei loro poveri perché questo svaluterebbe la loro ricchezza e turberebbe l'equilibrio fra i ricchi e i poveri che mantiene la loro società. Affrettati a salire, povero migrante, il passaggio che ti offriamo, anche a nostro rischio e pericolo, ti costa solo duemila denari, nella moneta di oggi esattamente quanto costava a un abitante italico per prendere il piroscafo per le Americhe, a un abitante delle Germanie per fuggire in Argentina, a un lusitano per fare "o salto". E ora che ciascuno di loro è ben protetto nei confini di uno spazio comune, difficile è forzare le porte di Schengen. Loro sono sbarcati sulla luna, e gli astri non hanno opposto resistenza. Ma è vietato sbarcare sulle rive della Fortezza di Schengen.
- UOMO CHE PARTE — E il nostro Mito, Padre?
- PADRE — Non so.
- CORO — Una volta il Mito era il niente che è tutto. Ora è solo il niente. Partiamo.
- © Eredi Tabucchi
- ©RIPRODUZIONE RISERVATA
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