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Laredazione

Nessuno stato si salva da solo

Jun 24th, 2023
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  1. Nessuno stato si salva da solo
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  3. di STEFANO LEPRI
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  6. Come deve apparire strana, vista dal resto d’Europa, la contesa sul Mes che sta dilaniando la nostra politica. E si consolino i nostri concittadini che stentano a rendersi conto di che cosa si tratti: perché in realtà ne capiscono poco anche molti politici. Di tutto si parla tranne che dell’essenziale: che cosa davvero ha fatto il Meccanismo europeo di stabilità finora e come va valutato. Negli anni dopo la crisi debitoria dell’euro, cominciata nel 2010, il Mes ha fornito prestiti a quei Paesi per cui finanziarsi sui mercati era divenuto troppo costoso.
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  8. Li ha aiutati così ad evitare la bancarotta. In cambio ha chiesto condizioni stringenti di politica economica, con provvedimenti di austerità e di riforme spesso contestati da parte dei cittadini dei Paesi in questione. Ciò che in genere si tace è che tranne nel caso della Grecia i programmi concordati con il Mes (o prima con il suo predecessore Fesf) hanno avuto un passabile successo. Gli altri tre Paesi con un programma complessivo di risanamento, Portogallo, Irlanda e Cipro, dopo gli iniziali sacrifici sono tornati a una crescita economica sana.
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  10. Allo scoppio della crisi, il Portogallo aveva un reddito per persona un filo sopra il 60% di quello italiano; oggi si sta avvicinando al 70%. A Cipro è andata meno bene, comunque ha un po’ ridotto la distanza con noi. L’Irlanda ci ha lasciato indietro, pur se si tratta di un caso particolare. Insomma, l’austerità fatta in casa dell’Italia non ha dato vantaggi evidenti rispetto a quella imposta dal Mes. A distanza di tempo, prevale l’opinione che in quei programmi ci fossero parecchie idee sbagliate. Si erano sottovalutati gli effetti negativi di tagli alle spese e aumenti di tasse, si erano sopravvalutati gli effetti propulsivi di certe riforme. Il disastro greco ha insegnato molto.
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  12. Oggi, le «condizionalità» per un programma Mes sarebbero senz’altro diverse. Dal Mes la Spagna ha ottenuto un sacco di soldi, circa 41 miliardi di euro, per rimettere in sesto le proprie banche, a condizioni piuttosto blande e poco contestate all’interno. Perfino la Grecia, che ha molto sofferto, alla sua seconda campagna elettorale in poche settimane non ascolta più tante recriminazioni contro i poteri dell’Europa, e intanto la ratifica del Mes la ha accettata. Oggi di un programma di aiuto del Mes l’Italia non ha alcun bisogno; in futuro, nessun governo potrebbe esservi costretto se non lo volesse.
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  14. Tanto più non si capisce che male possa fare un sì dell’Italia, specie se accompagnato da un solenne impegno a non richiedere mai quel soccorso, come suggerisce il senatore Mario Monti. Si persevera, invece, per non smentire la chiacchiera infantile che l’austerità fu una invenzione maligna dei potenti: chiacchiera che si nutre o dell’anticapitalismo ideologico dell’estrema sinistra o della ricerca ossessiva di nemici oltreconfine che fa l’estrema destra. Il governo sa benissimo, dai tecnici del Tesoro, che di pericoli non ce ne sono.
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  16. Con tassi di interesse in ulteriore salita sarebbe casomai più in difficoltà l’Ungheria, con il suo «spread» altissimo; eppure il governo di Budapest, che a Matteo Salvini piace, ha ratificato quello che lui chiama «mettersi in mano a fondi stranieri». Se poi si volesse usare il sì al Mes come moneta di scambio, intanto non giova proclamarlo perché gli altri governi non possono che smentire con sdegno di essere disposti a un baratto. Poi, occorre realismo: sul Patto di stabilità è velleitario chiedere in solitudine modifiche favorevoli all’Italia, ragionevole unirsi ad altri Paesi per bloccare i maggiori vincoli chiesti dalla Germania.
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