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Laredazione

Torna il Covid, ma la sanità resta in ginocchio

Sep 10th, 2023
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  1. Torna il Covid, ma la sanità resta in ginocchio
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  3. Secondo il bollettino dell’Iss, i contagi da Covid sono ancora bassi ma in aumento del 44 per cento rispetto alla scorsa settimana Il ministro Schillaci è alle prese coi medici in agitazione e chiede risorse, il governo ancora non sa dove trovarle. Salvini si intesta il tema
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  5. di GIULIA MERLO
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  9. Più ci si avvicina alla data della nota di aggiornamento al Def, più è chiaro il fatto che le risorse siano poche, per non dire insufficienti. Ogni ministro, nonostante la richiesta di spending review avanzata dalla premier Giorgia Meloni, sta cercando di perorare la propria causa presso il ministero dell’Economia. Contestualmente, però, la realtà si sta incaricando di rendere ancora più complessi i conti del governo: il Covid, che sembrava essere ormai dimenticato, sta ritornando a preoccupare i medici e per la sanità le risorse in campo sono scarse. Il dicastero guidato da Orazio Schillaci ha messo al lavoro i suoi tecnici per giustificare la richiesta avanzata: almeno 4 miliardi di risorse al settore sanitario, per dare ossigeno «prioritariamente» al personale, ha detto il ministro. La richiesta è già arrivata a via XX Settembre, che però per ora tace. Eppure, un debole segnale potrebbe leggersi nelle recenti parole di Meloni: se poche settimane fa la sanità non veniva mai citata tra le priorità del governo, ora la «questione è oggettivamente sentita», ha detto in occasione della conferenza stampa dopo l’ultimo consiglio dei ministri. Ora Meloni è in India per il G20, ma al suo ritorno in Italia dovrà iniziare a dirimere alcune incognite, tra le quali dove prendere – o forse a cosa togliere - risorse per destinarle alla sanità. Anche su questo si giocherà un capitolo dello scontro interno all’esecutivo, con Matteo Salvini che già si è intestato la battaglia: «Uno dei temi che in legge di bilancio affronteremo come priorità politica è quello della sanità», ha detto alla Fiera del Levante.
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  11. I dati
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  13. A fornire il quadro dello stato della sanità italiana è stato il report della fondazione Gimbe in vista della manovra di bilancio, che fotografa un elemento: l’Italia figura all’ultimo posto nel G7 per la spesa sanitaria pro-capite ed è appena il sedicesimo dei paesi europei dell’Ocse. A interrompere il trend costante di tagli al settore era stato il primo governo Conte, in cui la spesa sanitaria in rapporto al Pil è arrivata al 6,4 per cento, cresciuta poi l’anno successivo con il governo Conte 2 al 7,4 per cento. La prima finanziaria del governo Meloni, invece, ha ridotto le risorse portandole nel 2023 al 6,8 per cento e ora la prospettiva per il 2024 potrebbe essere quella di scendere ancora al 6,3 per cento. Invece, è la conclusione del presidente della fondazione, Nino Cartabellotta, «il nostro paese ha urgente bisogno di invertire la rotta, con segnali già visibili nella Nadef 2023 e, soprattutto, nella prossima legge di Bilancio. Altrimenti sarà l’addio al diritto costituzionale alla tutela della salute». I tagli del settore hanno provocato soprattutto carenza di personale, con liste d’attesa chilometriche e disagi per gli utenti. Attualmente sono in corso le trattative per il contratto della dirigenza medica e sanitaria, con i sindacati dei medici che si dicono «pronti alla mobilitazione» proprio in vista della prossima finanziaria. Circa 2,7 miliardi sui 4 chiesti dal ministro Schillaci, infatti, servirebbero solo per il rinnovo dei contratti per il 2022-2024. Pierino di Silverio, segretario del sindacato Anaao Assomed, ha infatti spiegato nei giorni scorsi che «Occorre aumentare dell’1,5 per cento la percentuale della spesa sanitaria rispetto al Pil», ma il timore è che non ci siano soldi non solo per i contratti, ma in generale per sostenere la sanità pubblica: «Se la soluzione è bloccare tutto, siamo pronti a farlo»
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  15. Il Covid
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  17. Del resto, anche al netto dello scontro con i sindacati dei medici, il ministero della Sanità deve fare i conti con un dato che tutti speravano di essersi lasciati alle spalle: quello dell’aumento dei contagi per Covid. Per la settimana appena conclusa, infatti, l’Istituto superiore di sanità riporta nel suo bollettino che crescono a 21.309 i nuovi casi, in aumento rispetto agli 14.866 della scorsa settimana, con un più 44 per cento e un’incidenza a 31 casi per 100mila abitanti rispetto ai 24 della scorsa settimana. «L’infezione si mantiene bassa seppur in aumento da tre settimane», si legge nel bollettino, con una percentuale di reinfezioni in aumento e intorno al 39 per cento. Dati non ancora allarmanti, ma comunque spia del fatto che potrebbe esserci una recrudescenza, tanto che lo stesso ministero ha pubblicato una nuova circolare che prevede test per i sintomatici al pronto soccorso, anche per la ricerca di altri virus. In questo quadro, sul tavolo del ministro ci sarebbe anche il commissariamento dell’Aifa, l’agenzia italiana del farmaco attualmente guidata dalla direttrice generale Anna Rosa Marra e riformata dal governo Meloni con un emendamento a fine dicembre 2022 che ancora non ha avuto seguito. «Abbiamo chiesto al ministro Schillaci di riferire in parlamento, vogliamo sapere a che punto è il piano pandemico nazionale e come sono attrezzate le regioni», è la richiesta delle opposizioni con Luana Zanella, capogruppo di Alleanza Verdi e Sinistra alla Camera. Con un dato di realtà: se la finanziaria non desse ossigeno al sistema sanitario nazionale e davvero i contagi da Covid ricominciassero a crescere con l’arrivo dell’inverno, il governo si troverebbe a dover gestire una nuova emergenza improvvisa per cui, ad oggi, le risorse non sono ancora state garantite.
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  20. Un governo irresponsabile che strizza l’occhio ai No-vax
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  22. di ROBERTA VILLA - medico e giornalista
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  25. Il Covid-19, che il governo pensava di poter abolire con la semplice scelta di non parlarne più, torna a fare notizia. Niente di inaspettato, né di particolarmente drammatico, per ora. Nulla che faccia pensare agli tsunami che hanno travolto i sistemi sanitari di tutto il mondo nel 2020 o al comparire della variante omicron a cavallo tra il 2021 e il 2022. Perciò, nessuno – ma proprio nessuno – pensa che potrebbero essere di nuovo necessarie misure eccezionali come i lockdown, a meno che compaia un nuovo virus altrettanto aggressivo verso cui la popolazione non abbia difese. Polemizzare su questo è un argomento fantoccio, che qualifica da solo chi lo usa. Nei dati resi noti venerdì dal ministero, tuttavia, non si può più negare la svolta che già si intravedeva nelle scorse settimane e che si è già manifestata in maniera evidente negli Stati Uniti e nel Regno unito. Dipenda dalle nuove varianti o dall’abbandono di qualunque precauzione, il numero di nuovi casi – pur inaffidabile in termini assoluti, dato che sono ben poche oggi le persone che denunciano la loro positività – cresce a macchia d’olio: nella settimana tra luglio e agosto se ne registrarono in tutto il paese poco più di 5mila, in quella a cavallo di settembre oltre 21mila. I nuovi ingressi in terapia intensiva, meno di 10 ai primi di luglio, sono arrivati a 55. Anche i decessi settimanali, purtroppo, tornano ad avvicinarsi al centinaio.
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  27. In controtendenza
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  29. Il nuovo direttore generale della prevenzione, Francesco Vaia, però, quando, da una settimana all’altra, i casi sono più che raddoppiati, ha parlato di un “leggero rialzo”. Oggi è costretto ad ammettere che «l’attuale andamento clinico-epidemiologico non desta allarme, ma richiede attenzione e misure di prudenza». Quali? Il ministro della salute Orazio Schillaci per il momento tace, ma ha firmato tre provvedimenti in linea con il desiderio degli italiani di credere che la pandemia sia finita: ai primi di agosto, su pressione degli operatori turistici, ha abolito l’isolamento per legge dei positivi, lasciandoli liberi di diffondere l’infezione. Alla fine del mese, ha eliminato l’uso delle mascherine negli ospedali, se non in presenza dei più fragili. Venerdì ha tolto anche l’obbligo di tamponi per i ricoverati asintomatici, lasciando ai singoli direttori sanitari la responsabilità di richiederli.
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  31. La comunicazione
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  33. Insomma, la comunicazione del governo su Covid-19 non c’è, se non nei fatti, con cui lo si continua ad assimilare all’influenza. Che pure è una malattia da non sottovalutare, ma che si prende al più ogni due o tre anni, non due o tre volte l’anno; colpisce solo durante la stagione invernale, non anche in estate. Dal 15 giugno il coronavirus ha provocato quasi 700 decessi, l’influenza zero. Nel mondo si stima che oltre 65 milioni di persone soffrano delle conseguenze a lungo termine della pandemia. Per l’influenza non si verifica lo stesso dopo ogni stagione. Così come non aumentano nella stessa misura per l’influenza i casi di ictus, infarti e altri eventi gravi che invece sono favoriti anche nei giovani dall’azione del coronavirus sui vasi sanguigni. Quegli stessi eventi che certa stampa vicina alla maggioranza correla in maniera martellante, ogni giorno, ai vaccini, indifferente a qualunque dato scientifico. Eppure i vaccini anti Covid tra poco saranno da promuovere, almeno tra chi rischia di più da una nuova infezione, dalle donne in gravidanza agli anziani. Non sarà facile farlo per il governo, che spendeva (giustamente) denaro pubblico per acquistarli, mentre, con i fatti, cercava di convincere gli italiani che covid è solo un raffreddore.
  34.  
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