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- La lunga estate calda della premier
- di Stefano Folli
- L’ estate di Giorgia Meloni è complicata e non lo scopriamo adesso. Il nervosismo della premier in Parlamento e quei toni poco adatti a una sede istituzionale lo hanno confermato. Il rapporto con l’Europa, la ratifica del Mes da contrattare (ma come e in che termini?), la rata del Pnrr che non arriva, la difficoltà di contenere l’immigrazione, le pressioni della Lega... L’elenco dei problemi è lungo e peraltro tutti lo conoscono. Anche le critiche alla politica monetaria recessiva della Banca Centrale hanno stupito, non tanto per il merito, quanto per l’asprezza dei toni.
- Come se non bastasse, è emersa sullo sfondo una questione che non c’entra con l’Europa, ma è una goccia velenosa in grado di corrodere la pietra giorno dopo giorno: il caso Santanchè. Prima minimizzato e poi circoscritto, in realtà tende a esondare. Per cui la difesa della responsabile del Turismo, da parte della maggioranza, sembra poco convinta e già ora contraddittoria. Cosa accadrà nei prossimi giorni non è agevole prevederlo, ma è chiaro che puntellare il ministro impone a Palazzo Chigi un prezzo via via più alto.
- È possibile che presto si decida che il gioco non vale la candela. Intanto ora c’è il Consiglio europeo e poi l’11 luglio il vertice Nato a Vilnius. Ancora una volta la politica internazionale e il sostegno all’Ucraina in guerra rappresentano la carta migliore che Giorgia Meloni può calare sul tavolo. Nello schierare con determinazione fin dal primo giorno il governo a fianco di Kiev, la presidente del Consiglio ha messo in campo tutto il suo temperamento politico. E se qualcuno vede appannarsi la sua “leadership” nello stress del giorno per giorno, tale condizione non riguarda la lealtà alle alleanze.
- Vale a dire la Nato e il rapporto con l’amministrazione americana. Lo ha colto bene l’ex capo della Cia, Leon Panetta, nell’intervista di ieri a Repubblica, quando dice: eravamo sospettosi all’inizio perché conoscevamo i rapporti di Berlusconi e Salvini con la Russia di Putin, tuttavia “la premier Meloni è stata una sorpresa positiva e ha retto a lungo sulla linea giusta. L’invito alla Casa Bianca è uno sviluppo molto positivo”. Ecco il punto centrale. Per quanto complessi e irti di spine sono i rapporti di Roma con l’Unione, quelli con Washington sono invece eccellenti.
- L’Italia è un alleato chiave da cui al di là dell’Atlantico si aspettano ancora qualcosa, specie nei rapporti con la Cina (c’è da sterilizzare la “via della Seta”). Ma è logico che alla Casa Bianca la presidente del Consiglio avrà a sua volta da avanzare delle richieste all’amico americano. Il viaggio è dato per imminente, anche se non si conoscono ancora le date (dovrebbe essere dopo il summit di Vilnius). La stabilità del Mediterraneo e il sostegno economico alla Tunisia è fondamentale per dare un senso a una gestione, meno caotica e drammatica, dei flussi dei migranti.
- E qui il ruolo americano è decisivo. Ma più in generale l’Italia meloniana, non proprio a suo agio all’interno dell’Unione, ha tutto da guadagnare da un più solido asse euro-atlantico. In altre parole: godere di considerazione a Washington aiuta a pesare di più ai tavoli di Bruxelles dove si fa la politica europea. La sponda americana, se utilizzata con raziocinio, può rendere l’Italia un partner più credibile o comunque più rispettato nel quadro dell’Unione. Il conflitto in Ucraina ha creato sotto questo aspetto uno scenario inedito: Ue e Nato s’intrecciano e di conseguenza l’Europa oggi è più euro-atlantica che in passato. Draghi lo aveva capito molto bene.
- Ma anche la premier Meloni si muove lungo tale sentiero. Con la differenza che il versante europeo per lei è un campo minato.
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