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Laredazione

Per il governo è arrivato il momento della debolezza

Sep 10th, 2023
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  1. Per il governo è arrivato il momento della debolezza
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  3. di Maurizio Molinari - editoriale
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  6. A quasi un anno dalla netta affermazione elettorale che le ha consegnato le redini del governo, Giorgia Meloni si trova ad affrontare un’agenda politica tutta in salita, segnata da tre convergenti difficoltà: poche risorse economiche per sostenere la crescita, un numero di migranti in costante aumento e le resistenze ideologiche dello zoccolo duro del proprio partito, Fratelli d’Italia. Tutto ciò descrive il momento per lei più delicato da quando è arrivata a Palazzo Chigi anche perché coincide tanto con l’inizio della campagna per le Europee del 2024 che con la prima vera flessione registrata dall’esecutivo nei sondaggi.
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  8. Le difficoltà economiche sono il frutto della sovrapposizione fra il rallentamento del Pil, la carenza di risorse che frena la scrittura della finanziaria, il ritardo nell’arrivo da Bruxelles della terza rata del Pnrr e la totale incertezza sulla sorte della quarta rata. Per non parlare delle restrizioni in arrivo nel decreto capitali che, sommate alla tassa sulle banche, rischiano di spingere gli investitori stranieri a diffidare del nostro Paese. La sincerità con cui il ministro del Tesoro, Giancarlo Giorgetti, davanti al Meeting di Rimini ha chiesto a tutti di contenere le attese e la franchezza con cui la premier ha promesso “rigore economico” descrivono i contorni di un frangente che vede la maggioranza in affanno davanti ad un Pil in affanno, una povertà che aumenta ed alle commesse estere che diminuiscono a causa della frenata industriale della Germania, nostro partner strategico.
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  10. La soluzione naturale dovrebbe venire dai restanti 120 miliardi del Pnrr europeo - legati a progetti di sviluppo in Italia destinati a sostenere la crescita nel medio termine - ma Palazzo Chigi non gli assegna la dovuta priorità, preferendo duellare con l’Ue sul Trattato Mes - che aspetta solo la nostra firma - e sul Patto di Stabilità da rinnovare entro fine anno. La risultante carenza di risorse rende più difficile l’autunno per un Paese con almeno cinque milioni di lavoratori vulnerabili - ovvero con redditi troppo bassi - e circa dieci milioni di persone che vivono sotto il livello di povertà. Ma il governo Meloni esita ad investire risorse per i più deboli come dimostra la forte opposizione al salario minimo, già in vigore in ben 21 su 27 Paesi Ue.
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  12. I maggiori sindacati, Confindustria e almeno il 70 per cento degli italiani - sondaggi alla mano - sono favorevoli al salario minimo per creare stabilità, arginare il disagio e generare consumi ma per ragioni che Meloni ancora non chiarisce il governo continua ad escluderlo senza esitazioni. È uno scenario che fa temere una fase di stagnazione. Tutto ciò coincide con il secondo fronte di difficoltà per la premier: dalla Tunisia di Kais Saied il numero di migranti in arrivo è aumentato di oltre il 30 per cento da quando Meloni e Ursula von der Lyen, presidente della Commissione Ue, lo incontrarono promettendogli centinaia di milioni di euro in cambio dello stop alle partenze. Il punto è che gran parte di quei fondi europei e italiani a Tunisi non sono ancora arrivati e Saied - che già ne chiedeva di più – ha reagito nella più prevedibile delle maniere: consentendo a più migranti di imbarcarsi nei suoi porti che guardano all’Italia.
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  14. Per un governo che aveva frettolosamente assicurato l’intesa con Tunisi significa dover ammettere che le parole non sono state seguite dai fatti. E la strategia di siglare accordi con singoli Paesi del fronte Sud del Mediterraneo semplicemente non sta funzionando. Ultimo, ma non per importanza, il fronte interno a Fratelli d’Italia, un partito segnato dalle dimissioni dalla Regione Lazio di Marcello De Angelis per i post filonazisti, dalle imbarazzanti dichiarazioni del presidente del Senato Ignazio La Russa sull’azione partigiana in Via Rasella, dalla perdurante fiamma missina nel simbolo e dall’incapacità della stessa premier di fare proprio l’antifascismo della Costituzione.
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  16. Il risultato è far apparire FdI come una forza politica congelata in un passato remoto, al punto tale da vedere allontanarsi sempre più la prospettiva di un’alleanza alle elezioni Ue con il Partito popolare europeo che - da Madrid e Berlino - vede con sospetto l’estrema destra perché antimoderna e antieuropea. Per uscire da questa situazione di triplice, evidente, difficoltà Giorgia Meloni dovrebbe invertire la rotta a guardare all’Unione Europea per il semplice motivo che il successo del Pnrr è la migliore garanzia di crescita economica e credibilità finanziaria; l’approccio più efficace ai migranti viene da quei Paesi, come Germania e Portogallo, capaci di controllarne l’integrazione nel proprio sistema economico; condividere i valori fondanti della Ue significa archiviare il postfascismo per scegliere la via del conservatorismo europeo che ha avuto da De Gaulle ad Aznar fino a Kohl molti nobili interpreti.
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  18. Ma Meloni va in tutt’altra direzione, il suo sguardo non è verso l’orizzonte di un’Italia più europea. Ha così scelto di far coincidere il primo consiglio dei ministri di settembre con un’offensiva contro le baby-gang che - a prescindere dai suoi discutibili contenuti - punta a suscitare emozioni tali nell’opinione pubblica da far precipitare in secondo piano tutto il resto. Se l’esaltazione della sicurezza come base del consenso evoca l’Ungheria di Viktor Orbán, la tattica degli annunci politici roboanti come “arma di distrazione di massa” viene dall’arsenale del populismo - è stata abilmente sfruttata da Donald Trump durante la sua controversa presidenza negli Usa – e mira ad allontanare l’attenzione dei cittadini da difficoltà economiche, fallimenti migratori e vulnerabilità ideologiche.
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  20. Ma ignorare le difficoltà immaginando che possano semplicemente dissolversi mentre si parla di tutt’altro è un palese esercizio di furbizia politica destinato a durare lo spazio d’un mattino: facendo apparire più debole, e non più forte, la leadership della premier.
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