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Aug 8th, 2016
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  1. FEAR AND TREMBLING IN LAS VEGAS – UN'IPOTESI DI FEDE DOPO LA FEDE
  2.  
  3. §1 - Dio è morto!1 Gridava un folle, agitando lo scheletro di una lanterna infranta nelle scure navate d'una chiesa, sperando forse che le sue parole si facessero strada nelle menti di coloro che lo circondavano, che percorressero i tortuosi sentieri dell'incomprensione e passessero, con temerario balzo, le voragini del rifiuto. Ma vengo troppo presto, non è ancora il mio tempo!2 Si trovò infine a mormorare a se stesso, solo, singolo nel suo presente che per altri era ancora lontano futuro, intonando una necessaria trenodia a orecchie ancora timorosamente apotropaiche.
  4. Sapeva egli, però, che sarebbe stato un giorno ascoltato, che l'eco delle sue parole sarebbe rimasto a fare da basso continuo al cammino dell'umanità, fino al momento in cui l'evidenza della divina putrefazione avrebbe reso quell'icastica frase inconsciamente conosciuta anche agl'infanti. Il nostro presente è infatti nato da questa Weltanschaaung e in essa si muove, in questi confini, negativamente definiti, dell'assoluta libertà epistemologica: non v'è più Dio, "fundamentum certum et inconcussum veritatis"3 e quindi garante di etica ed estetica. Siamo consegnati alla più terribile e prometeica delle libertà, ancora, nelle parole del folle: "Che mai facemmo, a sciogliere questa terra dalla catena del suo sole? Dov'è che si muove ora? Dov'è che ci moviamo noi? Via da tutti i soli? [...] Non stiamo come forse vagando attraverso un infinito nulla?"4.
  5. Non abbiamo più punti riferimento che quelli da noi stessi creati, la possibilità quindi della vera autodeterminazione – come dell'impaurita idolatria. Nel vuoto sepolcro di questa eccellente morte, infinite voci rumoreggiano per il loro vitello d'oro: "Facci un dio che cammini alla nostra testa, perchè [a Mosè] non sappiamo che cosa sia accaduto"5. Ed ecco che germinano infiniti culti e religioni, benvenuti comandamenti per interepretare e ordinare quel Caos che, primo fra tutti6, è anche ultima frontiera della comprensibilità.
  6. Si ritorna a un politeismo laico nell'era del postmoderno, si rinnega quella concezione illuministica della storia come progresso – e progressivo abbandono del passato; ci si trova a essere gettati al centro di un'infinita trama di riferimenti cui attingere, di categorie da riapplicare, di concetti che, strappati con violenza al loro originale sistema di pensiero, possono poi essere amorevolmente riadattati ad altre epoche, differenti situazioni, inediti codici. Nulla è perso alla virtualità del passato, tutto è nuovamente attuale e utilizzabile per muoversi e interpretare la realtà – "Here we have made use of everything that came within range, what was closest as well as farthest away"7.
  7. Non è differente il fato delle idee di Quel Singolo, clandestinamente pervenuteci in modesti libretti pennati sotto pseudonimi: non perchè sia stata iscritta su d'una lapide uno dei nomi dell'Assoluto gli uomini hanno smesso di sentirne la voce, Individuale e Generale proseguono la loro esistenza in un fluire di sempre nuove maschere e i Cavalieri, solitari, camminano il loro indicibile sentiero.
  8. Cambiano nomi e nazioni, sacrifici e morali, ma una volta educato il proprio sguardo a vedere i movimenti infiniti della fede8 li si può riconoscere senza badare a forme o lingue o ideali – quanto alla pura intenzione di chi si è votato al rapporto assoluto con il suo Assoluto, riguadagnando Assurdamente il suo mondo, quel soggettivo, riflettente frammento che è "specchio dell'universo stesso"9.
  9. Ogni specchio, va ricordato, è sia un definito frammento che un completo riflettersi della totalità dell'universo, unito alle altre riflessioni da un sottile filo armonico a tal punto che potremmo forse dire che in ogni monade vi sono tutte le altre, in presenza e assenza – allo stesso modo in cui una singola parola è l'intreccio della totalità di un linguaggio – e studiandone una possiamo pensare d'aver compreso le altre. Un exemplum può essere allora utile, se non essenziale, a comprendere come il nome di "cavaliere della fede" possa essere validamente usato e applicato ancora oggi: parleremo del Sogno Americano, e dei suoi oneironauti – ma è prima necessario premettere qualche considerazione cartografica, disegnare una mappa dei territori in cui si muoverà questo esempio.
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  11. §2 - Un cavaliere necessita di una fede, la fede di un mito: non una gerarchia, quanto un necessario percorso di evoluzione. La fede è sempre Individuale, ma ogni Individuo è un punto dove confluiscono millenni di storia e schiere di antenati ed eroi: si muove con la gioiosa umiltà dell'ultimo arrivato nelle sale "dove abitano non solo i ricordi degli eletti ma gli eletti medesimi"10, vive eternamente sotto un cielo illuminato da costellazioni di "stell[e] che guida[no] e salva[no] colui che è nell'angoscia"11. Di questi miti si va a comporre la fede, tramite essi s'impara a rapportarsi con l'Assoluto – non per imitazione cieca, ma vivendo, cum cordis, la stessa passione, "in cui ogni generazione comprende l'altra e comprende se stessa"12.
  12. Il mito nasce in un momento imprecisato, da un orizzonte degli eventi irraggiungibile e si costituisce per aggregazione di frammenti orali che vanno a coalescere in una forma magmatica eppur definita che viene accolta nella tradizione. Esso è un giocare con l'essere e il non essere13, che nelle sue duttili sfumature si rivela essere più vero del mero, monolitico Essere, una narrazione basata sull'individuo che la ode e in sé la ricrea – uno svelare in cui è fondamentale anche il velare14.
  13. Esso è Assoluto in virtù del suo essere costituivamente libero da regole e ortodossie, puro principio produttivo e propositivo: il mito primigenio e necessario, Dio, la cui esistenza si può provare razionalmente, è comunque definito come "una Sostanza che consta di infiniti attributi, ciascuno dei quali esprime un’essenza eterna ed infinita"15. Nella totalità delle intepretazioni si trova l'unità dell'Assoluto, consegnato all'Individuo che non può sottrarsi all'esperirlo e raccontarlo in ineludibile sincerità – provvisto che non si abbandoni a dogmatici incancrenimenti, sedimentazioni ermeneutiche che vanno a dominare e costringere l'essenza stessa dell'Assoluto, svendendolo in morali e leggi.
  14. Si può ascoltare la rendizione compita e rituale di un mito pensando di comprenderlo, ma si stanno solo imparando a memoria le rime dello spirito16 per addormentare la nostra capacità di sentire, di patire – solo gli insonni, coloro che nel mito vedono loro stessi, che non possono trattenersi da un continuo trasfigurare, partecipandovi, la materia che gli viene raccontata – solo loro sentono l'irrequietezza angosciante della fede e possono percorrere i contorti sentieri di questa Quête.
  15. Un cavaliere necessita di una fede, la fede di un mito. Non si può prestare il giuramento del cavaliere (silenzioso e quasi notturno, per quelli veri, schiamazzante e pubblico per gli altri) prima di avere la fede, per brama di titolo; esso non è che un nome dato a un codice, a un modo di comportarsi seguito nella propria individuale solitudine giorno per giorno, un "compito assegnato all'intera esistenza"17. Si diventa cavalieri quando si esauriscono tutte le altre definizioni, quando ogni azione è fatta verso l'Assoluto e non si può più essere detti solo filosofi o amanti o assassini; quando ogni Finito perde il suo valore autonomo diventando parte di un unico movimento, eterno e continuo; ecco, allora si potrà essere chiamati come cavalieri, quando lo stesso fregiarsi di tale nome avrà perso ogni valore.
  16.  
  17. §3 – Quanto è stato detto finora, però, potrebbe essere detto anche per ogni credo veramente totalizzante: legioni di folli si sono abbandonate ad atrocità e pazzie in nome del loro idolo, ma pochi sono coloro che hanno compiuto le loro azioni per un dovere oltre il dovere, sapendo di essere nel giusto e vedendo la loro idea poi confermata. Deve esservi anche un altro elemento che permetta di fare una distinzione tra fede e cieca convizione – ovvero il paradosso:
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  19. La fede è, appunto, il paradosso secondo il quale l'Individuo, come tale, al di sopra del Generale, è in regola di fronte a questo, non come subordinato, ma come superiore; e nondimeno (si badi bene) in modo tale che l'Individuo, dopo essere stato come tale subordinato al Generale, diventa allora, per mezzo del Generale, l'individuo come tale, superiore a quello; in modo che l'Individuo come tale è in un rapporto assoluto con l'Assoluto.18
  20.  
  21. Se poi si aggiunge che "la morale è propriamente il Generale e, in quanto Generale, ciò che vale per tutti"19, si può ben comprendere l'angoscia che scaturisce dal richiamo della fede – doversi ergere, al di sopra e contro, alle regole del Generale per realizzare davvero il loro senso è assurdo. "La morale è il Generale e, come tale, è anche il Divino"20 - contravvenire alla morale è dunque tradire quello stesso Assoluto con cui stiamo cercando di dialogare veritativamente?
  22. No, perchè "l'Individuo determina il suo rapporto col Generale mediante il suo rapporto con l'Assoluto, e non già il suo rapporto con l'Assoluto mediante il suo rapporto col Generale"21. Pur essendo espressione dell'Assoluto, una sua estrinsecazione valida per tutti, la morale vale solo fin quando riferita comunque all'Assoluto: "il dovere diventa dovere quando è riferito a Dio, ma, nel dovere in sé e per sé, io non entro mai in rapporto con Dio"22.
  23. Abramo ama Isacco perchè è il bene più grande ch'egli come padre possa compiere, muovendosi all'interno della morale, ma per poi dimostrare Assolutamente quell'immenso amore deve scegliere di andare oltre e comportarsi contro la morale stessa – per poi vederla confermata dall'Assoluto nelle sue azioni. Il cavaliere della fede esiste all'interno della morale, ma non solo: non può farsi limitare dalla sua incapacità di esistere al limite estremo di ragione e azione eppure, per arrivare a quei limiti, cammina nel suo territorio.
  24.  
  25. §4 – Si sono volute abbozzare alcune mappe per far comprendere al meglio la molteplicità in cui si muove il Cavaliere della Fede. Egli, lungi dall'essere consegnato a se stesso in un vuoto pneumatico, è toccato da tutti i piani dell'esistenza: viandante multidimensionale, percorre la terra della storia e del mito e insieme erra nel Generale, sapendolo sicura provincia dell'Assoluto, per poi visitarne gli angoli bui e inesplorati; è vivo in questo mondo in questo momento e allo stesso tempo si muove sub specie aeternitatis, ha educato se stesso a essere rivolto23, nella sua finita esistenza e in ogni finita azione, all'infinito in cui ogni finito esiste, salvato.
  26. Potrebbero essere, questi, considerati come meta-territori, non-luoghi che possono essere applicati alla vita di ogni persona che vive in questo modo – mappe-processo, con spazi bianchi in cui scrivere i toponimi di quel particolare Individuo. Cos'è, però, una mappa senza territorio? Un'astrazione possibile ma invisibile, un impero di ombre impossibile da navigare se non attraverso l'esperienza personale, con la sempre presente e implicita domanda: sto seguendo la strada giusta?
  27. Si ritrova il valore dell'esempio, del semplice mito proposto perchè venga dall'ascoltatore sentito e usurpato: specialmente ora ch'essa s'è liberata d'un referente unico ed è diventata potenziale dominio di ogni credo con una fondata pretesa di serietà, ri-tracciare un percorso di fede permetterebbe al lettore di trasfigurare la sua realtà e domandarsi, con nuova passione, se il suo viaggio esistenziale sia davvero sentito e vissuto con lo stesso totalizzante impegno.
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  29. §5 – Il primo nome a essere inscritto negli spazi bianchi della mappa è quello dell'America, luogo non solo fisico. Essa è anche anima, grande spirito Gitche Manitou, frontiera perenne, Nuovo Mondo e Far West, la terra dove, dal 1492, sono state posizionate tutte le possibilità rimaste inespresse: città d'oro e popoli arcani, libertà dagl'imperi e democrazia – per arrivare all'ideale degli immigranti di ogni nazione ed epoca, quella sicurezza che "lì", in America, tutto sarà migliore.
  30. È un paese che si è fabbricato il motto Land of the Free intendendo con esso non solo la libertà da ogni altrui oppressione, ma anche la possibilità di essere chiunque si desideri e di fare qualunque cosa si voglia: "the pursuit of happiness"24, l'inalienabile diritto alla possibilità di essere. Con questo principio gli Stati Uniti, per estensione l'America, hanno anticipato la morale amorale del secolo successivo, dandosi già come legge quell'unica frase che sarebbe poi diventata la massima di Stirner - "la mia causa non è nè il divino né l'umano, non è ciò che è vero, buono, giusto, libero, ecc., bensì solo ciò che è mio"[c.n]25.
  31. Non c'è altro luogo che possa fare da casa spirituale al mondo postmoderno, nessun altro comandamento che possa essere accolto e seguito senza il sospetto di un facile autoinganno – quando l'unico Dio che possa essere ancora sopportato è quello da cui "devono seguire infinite cose in infiniti modi"26, ogni tavola di pietra può solo recare inciso "diventa ciò che sei"27. Da qui nasce il Sogno Americano, quel grande furore condiviso che muove nella stessa, bruciante passione di sé uomini di frontiera e cercatori d'oro, leader politici e operai; è l'Assoluto che fa da primum movens a ogni esistenza che tocchi quelle terre e da ultimo giudizio alle proprie azioni, la piuma contro cui verrà pesato il proprio cuore.
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  33. §6 – Ci può essere una morale, un'espressione generale dell'Assoluto Possibile? Scrive James T. Adams che il vero Sogno Americano, se inteso come ordine sociale, è che "each man and each woman shall be able to attain to the fullest stature of which they are innately capable [...] regardless of the fortuitous circumstances of birth or position"28; consegue che, perchè questo possa accadere, a tutti debba essere concesso – se non anche imposto – lo stesso percorso di vita, le stesse cure educative, lo stesso rispetto per le possibilità altrui: in ogni altro caso, si sarà limitati nelle nostre possibilità dalle mancanze altrui.
  34. La morale del Possibile si traduce quindi in un appiattimento vitale, un tentativo di standardizzazione che renda il mondo ugualmente fruibile da ogni Individuo – rendendo ogni Individuo identico a coloro che gli stanno di fianco. La motivazione profonda di questo atto è democratica e altruistica, il desiderio di porre alla pari le varie Individualità di fronte al mondo, ma nel farlo si va a sacrificare quella parte oscura del Singolo che permette alle Possibilità di ognuno di essere proprie, possedute intimamente.
  35. Eppure questa morale funziona, in molti casi: ne sono effetti scuole e industrie, vittore in guerra ed egemonia culturale. Accordando a tutti le stesse Possibilità, dopo una necessaria irrigimentazione, il mito dell'America continua a crescere e a preservarsi, vi si aggiungono nuovi miti – come i racconti per ragazzi di Horatio Alger, dove, con impegno, coscienza e vaga, Calvinista moralità si raggiunge l'ideale medio-borghese partendo anche dalla povertà. Ma è diventato evidente, ormai, che per proteggere l'Assoluto il Generale lo ha reso un impersonale, prefabbricato Ideale.
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  37. § 7 – Diventa necessario cercare il Sogno Americano, ri-trovarlo all'interno del simulacro che ormai è diventato. Si sente chiamato al compito un giornalista: spinto dall'incarico di una testata dalla dubbia esistenza percorre a bordo di una decappottabile rossa trecento miglia di deserto, bevendo birra e assumendo LSD, sulla strada per Las Vegas. Arriverà in città e prenderà una stanza a nome falso, facendo pagare il conto ad altri; si farà gettare fuori da ogni casinò e albergo, cercherà di comprare una scimmia e documenterà una riunione di poliziotti sul tema dell'abuso di stupefacenti dopo aver mangiato cinque dosi di mescalina29.
  38. Egli sa che tutto quello che sta facendo va contro la morale di coloro che si recano a Las Vegas, luogo sacro di quell'ideale che ha ridotto ogni Possibilità dell'Assoluto all'ascensione monetaria e sociale; sa che le sue azioni non potranno mai essere comprese o spiegate a coloro che le vedranno, che sarà chiamato junkie o weirdo e in queste parole verrà sfumato il suo scopo; sa, soprattutto, "che è cosa magnifica appartenere al Generale. Sa che è bello e utile essere l'individuo che si traduce nel Generale e che, per così dire, offre di se stesso un'edizione pura, elegante, corretta al massimo, intelliggibile a tutti"30.
  39. Eppure la sua ricerca Individuale gli è necessaria, perchè nella metastasi che lo circonda, dove la massima statura che ogni individuo può raggiungere è la stessa miserabile altezza economica, sente l'angoscia della richiesta dell'Assoluto, della chiamata a essere tutto ciò che gli è possibile – una chiamata corale con insieme la voce della droga e si, anche quella di Horatio Alger e dei suoi eroi di cartapesta, con la loro tragica e razionale scelta di divenire amministratori di un conto corrente e non sovrani di una discarica.
  40. "Vetta e abisso – sono compresi in uno"31 si trova a urlare, mentre distrugge la sua auto e perde alle slot machines. Per avere davvero se stesso davanti all'Assoluto sa di dover andare contro la morale ormai diventata tradizione, spogliarla dei giudizi di valore che sono i suoi parassiti e accettare ogni Possibilità che gli venga offerta, comprese quelle di privazione e dolore, che la ricompensa per aver perso ogni finito sarà il ritrovarlo subito, non simbolo di un virtuale successo, ma momento vitale della sua umanità di luci e ombre. Sa che non può fermarsi, che non ci sarà mai un unico atto, epitome del suo rapporto con l'Assoluto: per adempiere al mandato del Possibile, tutta la vita dev'essere un movimento in funzione d'esso. E così, fuggito nottetempo da Las Vegas. prima di chiudere la narrazione commenta, includendo passato, presente e futuro: "I felt like a monster reincarnation of Horatio Alger... a Man on the Move, and just sick enough to be totally confident"32.
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  42. http://miltonthed.weebly.com/uploads/1/4/1/6/14162844/thompson_the_great_shark_hunt.pdf
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