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Guest User

Horror Story

a guest
Aug 26th, 2016
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  1. Quello che mi attanaglia è vedere facce pallide di orrori immaginari. Il suono attutito che impossessa la stanza e riflette la disperazione della solitudine quotidiana, rendendo impossibile la mia stessa esistenza; e ricordo quanto io non sia altro che una macchina imperfetta i cui schemi si sono persi nella notte dei tempi. Mentre scrivo devo voltare la testa ogni due secondi per guardare dietro di me e tranquillizzarmi di essere l'unico abitante della mia solitudine, poiché scoprire di avere compagnia in questo mondo fittizio mi condurrebbe verso la completa pazzia che ha già fatto breccia nella mia mente.
  2. Mi rifiuto di credere in quello che scorgo negli anfratti della mia visione periferica, so che è solo pura immaginazione ma non posso far altre che dubitare. È questo che mi fa dubitare della mia sanità: poter anche solo pensare che quello che vedo sia reale.
  3. Il più piccolo movimento mi distrae dallo scrivere e di nuovo devo voltarmi a confermare la mia solitudine davanti a questo computer, conscio di comportarmi irrazionalmente. Il suono di whatsapp mi desta, terrificandomi ancora di più dalla mia posa guardinga, come un cane da caccia che rimane immobile mentre punta la preda, solo che io non posso far altro che puntare un mio eventuale predatore. Nel messaggio, che è di un mio amico, mi si chiede se sono libero domani. Solo ora ho un breve ritorno nella realtà del mondo socializzato e non so se rispondere, poiché i guizzi di vacuità nella solitudine reale in cui mi trovo fanno a cazzotti con questa dualità che vivo. Un movimento alla mia sinistra mi fa drizzare i peli sulla schiena e con furia mi volto, aspettandomi l’immondo, ma scorgo che i movimenti della tenda sotto la forza del ventilatore che invano tenta di rendere la stanza più vivibile. A Roma, in pieno agosto, fa caldissimo e io non posso permettermi un condizionatore; non posso far altro che disperarmi poiché la presenza di un'altra persona mi avrebbe sicuramente scagionato da questa prigione di terrore. Sto impazzendo, mi dico, non possono vivere così. Più provo a ignorare la mia paura, più questa non fa altro che penetrare le sinapsi e rendersi ancora più reale e meschina, costringendomi a scrutare nei recessi della stanza e saltare sulla sedia per ogni rumore che si sprigiona, ancora e ancora.
  4. Sto pensando di andare da uno psichiatra, da qualche specialista per farmi controllare, ma ho paura che questi mi possa dire che non ho niente che non va, che è solo la mia immaginazione e dovrei sottopormi a meno stress. Ma io non sono stressato, non ho un lavoro pesante, non ho problemi in famiglia o d’amore, non ho nessuna malattia. L'unico problema è questa mia imperfezione della mia mente, questo difetto innato che scatena ondate di pure terrore, che riesce a farmi dubitare della realtà, anche solo per un istante. Che mi impedisce di vivere serenamente la solitudine.
  5. Questo scritto può essere considerato una confessione, come una nota di suicidio, anche se quello che ho in mente non si può considerarsi realmente un suicidio; è solo voler raccontare la mia storia prima di vivere realmente l'oblio e scoprire quanto quello che immagino sia reale o meno.
  6.  
  7. Ho intenzione di affrontare quest'ignoto, avvolgermi in esso e viverlo fino in fondo; e questa, per me, è la cosa più difficile che può esserci. Quando scruto nel buio delle stanza vedo facce ostili, mani pallide che si protraggono verso le mie carni e cercano di trafiggermi, e io rimango fermo, immobile nell'aspettare il mio destino. Alcune volte sto solamente andando a prendere qualcosa nel frigo e, mentre ne chiudo la porta, vicino a me c’è una bambina dai capelli neri che mi sorride, per poi sollevare un coltello e cominciare a ridere innocentemente. Tutto questo non è reale, ma io non riesco a far altro che dubitare, chiedermi perché non smette. Ma sopratutto mi chiedo perché i coltelli non mi hanno ancora lacerato, perché le mani non mi hanno rapito e perché i denti non mi hanno straziato le carni. Poi ricordo, perché c'è Lui.
  8. Lui è qualcosa che non appare spesso, ma quando c’è sento la mia pelle sciogliersi per la sensazione di terrore che emana. Lui che non si volta mai, ma rimane alto e scuro, in quella figura più nera del nero, che solo una volta si è mossa verso di me, fissandomi con un occhio rosso. Quella sera la mia ragazza mi ha trovato svenuto per terra, e sono stato ricoverato, ma non ho mai detto a nessuno la verità; non è servito, perché mentre cadevo privo di sensi ho sbattuto la testa e ciò è bastato ai medici, hanno supposto che fossi scivolato. Non ho avuto il coraggio di correggere la loro versione, di esporre la mia mente ed aprirla a chi mi è più caro.
  9. Certo, ho parlato di vedere delle figure vaghe, ma ne ho parlato come episodi rari che possono capitare a chiunque, e i miei amici ci hanno riso sopra prendendomi per scemo e fifone. Non sanno il terrore che provo ogni giorno, ciò che davvero vedo nel buio.
  10.  
  11. Ma ora basta, ho deciso di affrontare questa mia paura, ho deciso di difendermi dall'oblio. Se ho ragione, domani a mezzogiorno vi scriverò la mia esperienza. In fondo sono solo cazzate, no?
  12.  
  13. Marco.
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