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Dec 14th, 2018
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  1. Per approfondire, vedi le voci Dirottatori degli attentati dell'11 settembre 2001 e 11 settembre 2001 - Il ventesimo dirottatore.
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  3. Mohamed Atta, responsabile tattico degli attacchi, morto nell'impatto del volo American Airlines 11.
  4. Gli attacchi dell'11 settembre sono il risultato degli obiettivi dichiarati da al-Qa'ida, così come furono formulati nella fatwa[68] emessa da Osama bin Laden, Ayman al-Zawahiri, Abū Yāsir Rifāʿī Ahmad Tāhā, Mir Hamzah, e Fazlur Rahman, la quale dichiarava che fosse «dovere di ogni musulmano [...] uccidere gli americani in qualunque luogo».[69][70][71]
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  6. Al-Qa'ida
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  8. Per approfondire, vedi la voce al-Qāʿida.
  9. L'origine di al-Qa'ida risale al 1979, anno dell'invasione sovietica dell'Afghanistan; poco dopo l'invasione, Osama bin Laden si recò in Afghanistan per collaborare con l'organizzazione dei mujaheddin arabi e alla formazione di Maktab al-Khidamat, una formazione il cui scopo era quello di raccogliere fondi e assoldare mujaheddin stranieri per resistere all'Unione Sovietica. Nel 1989, con il ritiro delle forze sovietiche dal conflitto afghano, il Maktab al-Khidamat si trasformò in una "forza di intervento rapido" del jihad contro i governi del mondo islamico.
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  11. Sotto la guida di Ayman al-Zawahiri, bin Laden assunse posizioni più radicali.[72] Nel 1996, bin Laden promulgò la prima fatwa,[73] con la quale intendeva allontanare i soldati statunitensi dall'Arabia Saudita.[74] In una seconda fatwa diffusa nel 1998, bin Laden avanzò obiezioni sulla politica estera statunitense nei riguardi di Israele, come pure sulla presenza di truppe statunitensi in Arabia Saudita anche dopo la fine della guerra del Golfo.[75] Bin Laden ha citato testi dell'Islam per esortare ad azioni di forza contro soldati e civili statunitensi fin quando i problemi sollevati non saranno risolti, notando che «durante tutta la storia dei popoli islamici, gli ulema hanno unanimemente affermato che il jihad è un dovere individuale se il nemico devasta i paesi musulmani».[75]
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  13. Organizzazione degli attacchi
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  16. Prima, durante e dopo l'attentato del 11 settembre 2001.
  17. L'idea degli attacchi dell'11 settembre fu formulata da Khalid Shaykh Muhammad, che per primo la presentò a Osama bin Laden nel 1996.[76] In quel momento bin Laden e al-Qāʿida vivevano un periodo di transizione, in quanto erano appena tornati in Afghanistan dal Sudan.[77] Gli attentati alle ambasciate statunitensi del 1998 segnarono un punto di svolta, in quanto con essi bin Laden attaccava direttamente gli Stati Uniti.[77] Alla fine del 1998 o all'inizio del 1999, bin Laden diede il proprio consenso a Mohammed per l'organizzazione dell'attentato.[77] Una serie di incontri ebbero luogo nella primavera del 1999 tra Khalid Shaykh Muhammad, bin Laden e il suo rappresentante Mohammed Atef: bin Laden approvò la scelta dei capi dell'azione e garantì il sostegno finanziario;[77] fu anche coinvolto nella scelta dei partecipanti all'attacco, tanto che fu lui a scegliere Mohamed Atta come il capo dei dirottatori.[78] Mohammed fornì il supporto operazionale, selezionando gli obiettivi e organizzando i viaggi per dirottatori[77] (quasi 27 membri di al-Qāʿida tentarono di entrare negli Stati Uniti d'America per prendere parte agli attacchi dell'11 settembre);[12] bin Laden modificò alcune decisioni di Mohammed, respingendo alcuni potenziali obiettivi come la U.S. Bank Tower di Los Angeles.[79]
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  19. La National Commission on Terrorist Attacks upon the United States ("Commissione nazionale sugli attacchi terroristici contro gli Stati Uniti") fu formata dal governo degli Stati Uniti ed è comunemente nota come 9/11 Commission; il 22 luglio 2004 la commissione rilasciò un rapporto nel quale concludeva che gli attacchi erano stati progettati e messi in atto da membri di al-Qāʿida. La commissione affermò che «gli organizzatori dell'attentato dell'11 settembre spesero in totale tra 400.000 e 500.000 dollari per progettare e mettere in atto il loro attacco, ma che la precisa origine dei fondi utilizzati per eseguire gli attacchi è rimasta sconosciuta».[80]
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  21. Dirottatori
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  24. Gli edifici intorno al World Trade Center furono gravemente danneggiati dai detriti e dalla caduta delle Torri gemelle.
  25. Quindici dirottatori provenivano dall'Arabia Saudita, due dagli Emirati Arabi Uniti, uno dall'Egitto e uno dal Libano.[81] In contrasto con il consueto profilo degli attentatori suicidi, i dirottatori erano adulti maturi e ben istruiti, le cui visioni del mondo erano ben formate.[82] Dopo alcune ore dagli attacchi, l'FBI fu in grado di determinare i nomi e, in molti casi, i dettagli personali dei sospetti piloti e dirottatori.[83][84] Il bagaglio di Mohamed Atta, che non fu trasbordato dal suo volo da Portland sul volo 11, conteneva documenti che rivelarono l'identità di tutti i 19 dirottatori e altri importanti indizi sui loro piani, sulle loro intenzioni e sui loro precedenti.[85] Il giorno degli attacchi, la National Security Agency intercettò delle comunicazioni che portavano a Osama bin Laden, come avevano fatto i servizi segreti tedeschi.[86][87]
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  27. Il 27 settembre 2001, l'FBI rese pubbliche le foto dei 19 dirottatori, assieme alle informazioni sulle possibili nazionalità e nomi falsi di molti.[88] Le indagini dell'FBI sugli attacchi, l'operazione "PENTTBOM", furono le più vaste e complesse nella storia dell'FBI, coinvolgendo più di 7000 agenti speciali.[89] Il governo degli Stati Uniti determinò che al-Qāʿida, diretta da Osama bin Laden, era responsabile per gli attacchi, con l'FBI che afferma che «le prove che mettono in relazione al-Qāʿida e bin Laden agli attacchi dell'11 settembre sono chiare e irrefutabili»;[90] Il governo del Regno Unito raggiunse la stessa conclusione.[91]
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  29. La dichiarazione di una guerra santa contro gli Stati Uniti d'America e la fatwa firmata da Osama bin Laden e altri nel 1996, in cui si chiedeva l'uccisione di civili statunitensi, sono viste come indizi del suo movente negli attacchi dell'11 settembre da parte degli investigatori.[92] Inizialmente bin Laden negò il proprio coinvolgimento negli attacchi, per poi ammetterlo.[93][94] Il 16 settembre 2001, bin Laden negò ogni coinvolgimento negli attacchi leggendo una dichiarazione trasmessa dal canale satellitare del Qatar Al Jazeera: «Sottolineo che non ho attuato questo gesto, che sembra essere stato portato avanti da individui con motivazioni proprie»;[95] questa smentita fu trasmessa dalle testate giornalistiche statunitensi e mondiali. Nel novembre 2001 forze statunitensi recuperarono una registrazione in una casa distrutta a Jalalabad, in Afghanistan, in cui bin Laden parla a Khaled al-Harbi: nella videoregistrazione bin Laden ammette di aver saputo in anticipo degli attacchi.[96] La registrazione fu trasmessa da varie emittenti giornalistiche a partire dal 13 dicembre 2001; la distorsione delle immagini è stata attribuita ad artefatti causati dalla copia del nastro.[97] Il 27 dicembre 2001 fu pubblicato un secondo video di bin Laden, in cui affermava che «il terrorismo contro gli Stati Uniti merita di essere lodato perché fu una risposta ad una ingiustizia, avente lo scopo di forzare gli Stati Uniti a interrompere il suo sostegno ad Israele, che uccide la nostra gente», senza però ammettere la responsabilità degli attacchi.[98] Poco prima delle elezioni presidenziali statunitensi del 2004, bin Laden rivendicò pubblicamente con una registrazione video il coinvolgimento di al-Qāʿida negli attacchi agli Stati Uniti, ammettendo il proprio legame diretto con gli attentati; affermò che gli attacchi erano stati portati perché «siamo liberi [...] e vogliamo riottenere libertà per la nostra nazione. Così come voi indebolite la nostra sicurezza noi indeboliamo la vostra».[99] Osama bin Laden afferma di aver personalmente diretto i 19 dirottatori:[100] nel video afferma che «concordammo assieme al comandante Muhammad Atta, che Allah abbia pietà di lui, che tutte le operazioni avrebbero dovuto essere completate in 20 minuti, prima che Bush e la sua amministrazione se ne accorgessero».[94] Un altro video ottenuto da Al Jazeera nel settembre 2006 mostra Osama bin Laden con Ramzi bin al-Shibh (il più delle volte scritto Ramzi Binelshibh) e due dirottatori, Hamza al-Ghamdi e Wa'il al-Shehri, mentre preparano gli attacchi.[101]
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  32. Khalid Shaykh Muhammad dopo la sua cattura in Pakistan.
  33. In una intervista del 2002 con il giornalista di al Jazeera Yosri Foda, Khalid Shaykh Muhammad ammise il proprio coinvolgimento nella "operazione del santo Martedì", assieme a Ramzi bin al-Shibh.[102] Il Rapporto della Commissione sull'11 settembre ha determinato che l'animosità di Khalid Shaykh Mohammed, il «principale architetto» degli attacchi dell'11 settembre, verso gli Stati Uniti ebbe origine «non dalla sua esperienza di studente fatta lì, ma piuttosto dalla sua violenta opposizione alla politica estera statunitense in favore di Israele».[77] Mohammed Atta condivideva le stesse motivazioni di Khalid Shaykh Muhammad. Ralph Bodenstein, un ex-compagno di classe di Atta, lo descrisse come «molto imbevuto, veramente, [di idee] sulla difesa, da parte degli Stati Uniti, di queste politiche israeliane nella regione»[103]Abd al-Aziz al-Umari, dirottatore del volo 11 assieme a Mohamed Atta, affermò nel suo testamento video: «il mio gesto è un messaggio per coloro che mi hanno ascoltato e per coloro che mi hanno visto e, allo stesso tempo, è un messaggio agli infedeli, che lasciate la penisola arabica sconfitti e che smettiate di dare una mano ai codardi ebrei in Palestina».[104] Khalid Shaykh Muhammad fu arrestato il 1º marzo 2003 a Rawalpindi, in Pakistan,[105] per poi essere detenuto definitivamente nel campo di detenzione di Guantanamo Bay, a Cuba. Durante le udienze condotte dagli Stati Uniti nel marzo 2007, che sono state «ampiamente criticate da avvocati e gruppi per i diritti umani in quanto tribunali falsi»,[106] Muhammad confessò nuovamente la propria responsabilità per gli attacchi: «ero il responsabile dell'operazione dell'11 settembre, dalla A alla Z».[106][107]
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  35. Nel "Sostituto di testimonianza di Khalid Shaykh Muhammad" del processo a Zakariya Musawi, cinque persone sono identificate come quelle che conoscevano tutti i dettagli dell'operazione: Osama bin Laden, Khalid Shaykh Muhammad, Ramzi bin al-Shibh, Abu Turab al-Urdunni e Mohammed Atef.[108] Fino al 2008, solo le figure di contorno sono state processate o condannate in relazione agli attacchi; bin Laden non è stato ancora formalmente accusato degli attentati.[109] Il 26 settembre 2005, la Audiencia Nacional de España (la corte nazionale spagnola), diretta dal giudice Baltasar Garzón, condannò Abu Dahdah a 27 anni di prigione per cospirazione riguardo agli attentati dell'11 settembre e in qualità di membro dell'organizzazione terroristica al-Qāʿida. Allo stesso tempo, altri 17 membri di al-Qa'ida ricevettero condanne tra i sei e gli undici anni.[110][111] Il 16 febbraio 2006, la corte suprema spagnola ridusse la pena di Abu Dahdah a 12 anni, in quanto considerò non provata la sua partecipazione alla cospirazione.[112]
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  37. Moventi
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  40. Il sito dell'impatto del volo United Airlines 93 a Shanksville, Pennsylvania.
  41. Molte conclusioni della commissione dell'11 settembre sui moventi degli attacchi sono state condivise da altri esperti. L'esperto di anti-terrorismo Richard Clarke ha spiegato, nel suo libro Against All Enemies, che le scelte di politica estera degli Stati Uniti, inclusi «il confronto con Mosca in Afghanistan, l'invio delle forze armate statunitensi nel Golfo persico» e «il rafforzamento di Israele come base per un fianco meridionale contro i sovietici», contribuirono a formare le motivazioni di al-Qāʿida.[113] Altri, come il corrispondente dall'estero dell'"Observer Jason Burke, sottolineano l'aspetto politico dei moventi, affermando che «bin Laden è un attivista con un'idea molto chiara di ciò che vuole e di come spera di ottenerlo. Questi mezzi possono essere molto distanti dalla normale attività politica [...] ma la sua agenda è fondamentalmente politica».[114]
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  43. Molti studi si sono concentrati anche sull'insieme della strategia di bin Laden per individuare il movente degli attentati. Per esempio, il corrispondente Peter Bergen afferma che gli attacchi erano parte di un piano volto a far incrementare la presenza militare e culturale degli Stati Uniti nel Vicino Oriente, forzando in questo modo i musulmani a confrontarsi con le "malefatte" di un governo non-musulmano e a stabilire governi islamici conservatori nella regione.[115] Michael Scott Doran, corrispondente di Foreign Affairs, enfatizza l'uso "mitico" del termine "spettacolare" nella risposta di bin Laden agli attacchi, spiegando che si trattava di un tentativo di provocare una reazione viscerale nel Vicino Oriente e di assicurarsi che i cittadini musulmani reagissero il più violentemente possibile a un aumento dell'impegno statunitense nella regione.[116]
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