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Dec 17th, 2017
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  1. È innegabile che esistano delle animazioni “fatte bene” e delle animazioni “fatte male. Altrimenti il ruolo di Supervisore delle animazioni, che corregge personalmente i disegni fatti male o li rimanda agli animatori affinché vengano perfezionati, non avrebbe senso di esistere. Anche le sequenze realizzate da animatori esperti o da superstar del mondo della sakuga vengono supervisionate. Non la si può bidonare come una questione di gusti degli spettatori o degli animation directors. Esistono quindi delle animazioni che se non sono realizzate in una certa maniera finiscono col divenire inaccettabili nel momento in cui iniziano a rivestire un ruolo importante all’interno di una scena. Detto questo, per quali motivazioni un Sakkan, o supervisore, chiede il retake di un’animazione importante o fa qualche correzione lui stesso? Beh, in primis perché i disegni sono poco credibili, troppo semplici, presentano troppe o troppe poche divisioni dei colori o perché non rispecchiano i design del progetto. Oppure perché il movimento appare innaturale o non in grado di dare l’idea di che tipo di azione si tratta in maniera sufficientemente brillante. I taluni casi, gli stessi supervisori fanno subentrare i loro personali gusti all’interno delle correzioni, basti pensare alla grande disputa di Zambot 3 tra Yas e Yoshinori Kanada su come dovevano essere realizzate certe animazioni, ma essenzialmente le motivazioni citate s sopra sono le più ragionevoli per far correggere dei disegni e sono ottime basi per capire quali sono le caratteristiche che un’animazione non deve possedere per essere “fatta bene”. Eppure, le qualità elencate sopra spesso sono presenti in animazioni davvero meravigliose secondo la mia modesta percezione ed apprezzatissime dalla critica, basti pensare ai lavori di Shinya Ohira, dello stesso Kanada. Persino questi “sakuga estremi” però presentano una qualità comune a tutte le altre “animazioni di qualità”: anche i più estremi “Kanada ugoki” contengono in delle informazioni sulle proprietà di quel movimento. Ed è questo che ci stimola: non vogliamo vedere semplicemente una movenza per percepirla come tale, ma vogliamo poter ammirare delle azioni con delle specifiche caratteristiche, con delle proprietà uniche. Per questo non consideriamo mai le “flapmouths” delle “animazioni di qualità, esse sono comprensibili ma non ci forniscono ulteriori dettagli su quella azione. Al contrario i “Kanada ugoki” o le animazioni di Ohira, nonostante deformino i design e le linee di divisione dei colori, presentano molte informazioni su come quei personaggi si spostano nello schermo. Magari non riesco, come spettatore, a descrivere in maniera efficace quanto sta avvenendo in scena ma vengo comunque investito da una micronarrativa, che funziona proprio grazie a quelle specifiche informazioni di natura grafica e di timing. Credo che sia la creazione di una “micronarrativa” attraverso questo surplus di informazioni che contraddistingue le animazioni di qualità.
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